venerdì 27 gennaio 2012

Commento a Giacomo

Giacomo 2:12 Parlate e agite come persone che devono essere giudicate secondo una legge di libertà, perché
Giacomo 2:13 il giudizio sarà senza misericordia contro chi non avrà usato misericordia; la misericordia invece ha sempre la meglio nel giudizio.
Chi deve essere giudicato secondo una legge di libertà è giudicato sulla fede e sulla speranza. Sulla fede, perché i precetti che acquisiti nella fase della fede si ritrovano nella speranza e se nel buio della fede non ho appreso il vangelo -o addirittura l’ho negato- nella speranza si vedranno le conseguenze. Sulla speranza, perché chi rifiuta di far fruttare i propri talenti opponendosi alla spontaneità della fede (la legge di libertà) sarà uguale a quello che nella parabola evangelica li sotterra. La verità del vangelo, appresa nella fede e messa in pratica nella speranza, è l’amore di Dio che si concretizza nelle opere di misericordia.
La misericordia ha la meglio nel giudizio perché non è né la fede né la speranza il grado ultimo di santità, ma la carità, che è la più importante tra le tre virtù. L’Apostolo ci ricorda che la legge di libertà nasce dal precetto dell’amore del prossimo che si scopre alla fine del percorso di fede. L’anima che ha trovato la verità ha trovato la direzione dell’azione, e siccome ora è pura i suoi sforzi si dirigono all’esterno secondo una dinamica interiore data da quanto ha appreso in precedenza. Se nella fede ogni atto di culto doveva essere singolarmente perfetto attraverso un atto di volontà puntuale, nella speranza è il dinamismo generale che conta, non è più la realizzazione corretta o scorretta dell’atto ma l’importante è l’acquisizione della virtù, il cui processo è esteso e articolato.
Nella fede ogni azione deve essere singolarmente buona e ciò viene di norma verificato immediatamente; in questa fase si è già creata una predisposizione permanente ai precetti evangelici e l’azione tende spontaneamente a conformarsi a questa. L’azione morale è inserita in un continuo esistenziale che nella fede era stato sospeso a motivo delle pratiche ascetiche tipiche di quella fase. L’attenzione ora verte su indecisioni, debolezze, falsi scrupoli, mancanza di forza nell’azione, rachitismo spirituale, storture caratteriali e peccati residuali. Non è più così importante il cadere nel peccato, ma il riuscire nell’azione virtuosa, e ciò perdona anche gli insuccessi e gli errori –se il peccato non è mortale-. Il giudizio quindi in questa fase si nutre di misericordia perché non viene imputato ogni peccato ma tutto è in vista del progresso nella virtù. Questo non vuol dire che il fine giustifica i mezzi, ma che il Signore usa pazienza verso coloro la cercano.
La misericordia ha la meglio “nel giudizio” e non “sul giudizio” perché la misericordia non cancella il giudizio ma lo realizza, permettendo al credente di raggiungere la completezza morale in vista della speranza.

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