venerdì 27 gennaio 2012

Commento a Giacomo

Giacomo 2:12 Parlate e agite come persone che devono essere giudicate secondo una legge di libertà, perché
Giacomo 2:13 il giudizio sarà senza misericordia contro chi non avrà usato misericordia; la misericordia invece ha sempre la meglio nel giudizio.
Chi deve essere giudicato secondo una legge di libertà è giudicato sulla fede e sulla speranza. Sulla fede, perché i precetti che acquisiti nella fase della fede si ritrovano nella speranza e se nel buio della fede non ho appreso il vangelo -o addirittura l’ho negato- nella speranza si vedranno le conseguenze. Sulla speranza, perché chi rifiuta di far fruttare i propri talenti opponendosi alla spontaneità della fede (la legge di libertà) sarà uguale a quello che nella parabola evangelica li sotterra. La verità del vangelo, appresa nella fede e messa in pratica nella speranza, è l’amore di Dio che si concretizza nelle opere di misericordia.
La misericordia ha la meglio nel giudizio perché non è né la fede né la speranza il grado ultimo di santità, ma la carità, che è la più importante tra le tre virtù. L’Apostolo ci ricorda che la legge di libertà nasce dal precetto dell’amore del prossimo che si scopre alla fine del percorso di fede. L’anima che ha trovato la verità ha trovato la direzione dell’azione, e siccome ora è pura i suoi sforzi si dirigono all’esterno secondo una dinamica interiore data da quanto ha appreso in precedenza. Se nella fede ogni atto di culto doveva essere singolarmente perfetto attraverso un atto di volontà puntuale, nella speranza è il dinamismo generale che conta, non è più la realizzazione corretta o scorretta dell’atto ma l’importante è l’acquisizione della virtù, il cui processo è esteso e articolato.
Nella fede ogni azione deve essere singolarmente buona e ciò viene di norma verificato immediatamente; in questa fase si è già creata una predisposizione permanente ai precetti evangelici e l’azione tende spontaneamente a conformarsi a questa. L’azione morale è inserita in un continuo esistenziale che nella fede era stato sospeso a motivo delle pratiche ascetiche tipiche di quella fase. L’attenzione ora verte su indecisioni, debolezze, falsi scrupoli, mancanza di forza nell’azione, rachitismo spirituale, storture caratteriali e peccati residuali. Non è più così importante il cadere nel peccato, ma il riuscire nell’azione virtuosa, e ciò perdona anche gli insuccessi e gli errori –se il peccato non è mortale-. Il giudizio quindi in questa fase si nutre di misericordia perché non viene imputato ogni peccato ma tutto è in vista del progresso nella virtù. Questo non vuol dire che il fine giustifica i mezzi, ma che il Signore usa pazienza verso coloro la cercano.
La misericordia ha la meglio “nel giudizio” e non “sul giudizio” perché la misericordia non cancella il giudizio ma lo realizza, permettendo al credente di raggiungere la completezza morale in vista della speranza.
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sabato 21 gennaio 2012

Commento a Giacomo

Giacomo 2:6 Voi invece avete disprezzato il povero! Non sono forse i ricchi che vi tiranneggiano e vi trascinano davanti ai tribunali?
Giacomo 2:7 Non sono essi che bestemmiano il bel nome che è stato invocato sopra di voi?
L’uomo senza Dio al contrario non obbedisce a nessuna legge e quindi ritiene il diritto un’arma da usare contro i suoi avversari; il suo ambiente naturale è il tribunale dove si diverte a pervertire la legge a suo favore. Anzi ogni situazione diventa con lui tribunale in cui si processano gli indifesi. Essi bestemmiano Dio perché non ottengono quello che desiderano non potendolo ottenere, essendo il loro appetito insaziabile.
Giacomo 2:8 Certo, se adempite il più importante dei comandamenti secondo la Scrittura: amerai il prossimo tuo come te stesso, fate bene;
Qui l’Apostolo mette in guardia da un grave errore: l’amore immaturo. La carità, che è il vero amore, si raggiunge dopo la fede e la speranza e le corona. Prima di ciò l’amore è presente ma è adeguato al livello di santità a cui uno è giunto. Nella fede l’amore è amore della verità e della volontà di Dio; nella speranza l’amore è amore di giustizia e di libertà fino all’amore delle anime; nella carità si ama Dio e le anime sopra ogni cosa. Ora nella Scrittura sono presenti tutti gli insegnamenti che occorrono al cristiano e tutti vanno realizzati in ciascuna fase. Nella fede si apprendono come oggetto di fede e si mettono in pratica per purificarsi mentre nella speranza caratterizzano l’azione. Dunque anche i comandamenti attinenti alla carità, formalmente più elevati, vengono praticati anche nella fede e nella speranza.
“Amerai il prossimo tuo come te stesso” e non “amerai Dio con tutto il tuo cuore” innanzitutto perché in senso assoluto il prossimo è Gesù, come ci insegna la parabola del Samaritano, e dunque non c’è contrasto tra i due precetti dal momento che è sempre Dio che si ama per primo. In secondo luogo “Amerai il prossimo tuo come te stesso” è precetto della speranza, poiché rivolto alle anime, che sono il fine a cui si rivolge l’azione in questa fase.
Giacomo 2:9 ma se fate distinzione di persone, commettete un peccato e siete accusati dalla legge come trasgressori.
Il precetto della carità –che riassume tutti gli altri- può essere corrotto dalla mancanza di giustizia nell’ambito dei rapporti tra persone, l’ambito in cui conclude la pratica delle virtù, essendo nella speranza, a differenza della fede, i rapporti interpersonali luogo della pratica della virtù, dal momento che attorno alle persone si organizza il reale. L’Apostolo accusa di fare favoritismi e ciò si ha quando si trattano persone uguali con misure diverse.
Giacomo 2:10 Poiché chiunque osservi tutta la legge, ma la trasgredisca anche in un punto solo, diventa colpevole di tutto;
Giacomo 2:11 infatti colui che ha detto: Non commettere adulterio, ha detto anche: Non uccidere.
Ora se tu non commetti adulterio, ma uccidi, ti rendi trasgressore della legge.
La ragione per cui chi trasgredisce un solo precetto è colpevole di tutto è di ordine genetico: tutti i precetti hanno la medesima origine –Dio- e chi viola i precetti offende Dio. L’offesa poi è uguale sia che se ne violi uno o molti, perché l’offesa ad un essere infinito è una colpa infinita che merita una pena infinita. Per questo non è scritto “diventa colpevole di tutti i precetti” ma “diventa colpevole di tutto”: il tutto indica l’infinità della colpa. La legge di libertà, la ripetizione spontanea di azioni buone non può quindi sopprimere la legge in favore della libertà. Non solo perché “la verità –essenza della legge- vi farà liberi” ma perché la libertà senza legge scade in favoritismo, il quale giungerà fino all’adorazione di un uomo come dio. Oltre a questo si può anche intendere in questo modo: chi trasgredisce i comandamenti della speranza è colpevole di tutto, anche della trasgressione della fede, poiché colui che ha ordinato di non commettere adulterio, cioè di non adorare gli idoli, dimenticando la propria fede, ha anche detto non uccidere, il corpo e l’anima delle persone, ma di farle vivere, secondo la parabola del servo infido. Offendere Dio facendo del male ai suoi figli contiene anche l’offesa della fede, poiché essa consiste nel non credere nella sua esistenza e nei suoi attributi, e chi lo offende non reputa che esista o che sia onnipotente o sommo amore.
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mercoledì 18 gennaio 2012

Mc 3,1-6: Tendi la mano

Dal Vangelo secondo Marco


In quel tempo, Gesù entrò di nuovo nella sinagoga. Vi era lì un uomo che aveva una mano paralizzata, e stavano a vedere se lo guariva in giorno di sabato, per accusarlo.
Egli disse all’uomo che aveva la mano paralizzata: «Àlzati, vieni qui in mezzo!». Poi domandò loro: «È lecito in giorno di sabato fare del bene o fare del male, salvare una vita o ucciderla?». Ma essi tacevano. E guardandoli tutt’intorno con indignazione, rattristato per la durezza dei loro cuori, disse all’uomo: «Tendi la mano!». Egli la tese e la sua mano fu guarita.
E i farisei uscirono subito con gli erodiani e tennero consiglio contro di lui per farlo morire.

In questo vangelo si condanna la durezza del cuore. L'adempimento della legge è un dovere che serve a realizzare il bene umano previsto dalla legge, ad esempio "non rubare" è un precetto che garantisce il godere dei frutti del proprio lavoro. Così come il fine di tutte le leggi naturali è il mantenimento e miglioramento della vita umana, allo stesso modo il fine della legge d'Israele era il mantenimento e la purificazione della fede in Dio, che comportava la pratica della virtù. Tuttavia ogni adempimento di un singolo precetto comporta un merito e in nome di di questo merito si perdeva di vista il contenuto ultimo della fede, l'amore di Dio per tutti gli israeliti. Gesù si rattrista per la malizia dei farisei prima e per la loro ipocrisia dopo, perché sanno che salvare una vita è più importante che rispettare il sabato, ma sanno anche che la loro scuola e il loro potere si basano sull'adempimento letterale della legge. Per mantenere il loro potere sarebbero disposti a sacrificare la vita di un uomo. Per questo motivo alla fine Caifa raccoglierà anche i loro consensi.

Questo vangelo è la base giuridica con cui si può valutare il nostro approccio alle apparizioni mariane. Il magistero impone di credere solo alla rivelazione biblica e non alle rivelazioni private. Ciò è giusto perché l'essenza della religione cattolica è Cristo e solamente in Lui c'è tutto ciò di cui abbiamo bisogno per salvare la nostra anima e giungere alla santità. Tuttavia non bisogna mai dimenticarsi che la distinzione tra rivelazione biblica e privata è una distinzione di diritto, una legge che serve anche come base giuridica per poi vagliare i casi successivi. Nella realtà il Cristo che è risorto e quello delle apparizioni private (vere) è lo stesso, quello che Egli chiede nei Vangeli è lo stesso -nella forma- che chiede nelle apparizioni private, tuttavia attualizzato per quel momento storico. I Vangeli contengono storie di molte persone e luoghi che fungono da modelli universali per la Chiesa, ma non bisogna mai dimenticarsi che quelle persone e luoghi prima di essere modelli sono state cose reali, la quali sono già state giudicate e salvate, e adesso è il nostro turno. Il cieco nato è già stato guarito, ora tocca ad un altro di noi; la samaritana è già stata convertita, è l'ora delle nostre. Ciò vuol dire che la rivelazione biblica non è più primaria, o che non è più necessario il Padre nostro? No, vuol dire solamente che le persone sono più importanti delle regole, e che il fine della Chiesa è salvare le anime delle persone che le sono date in ciascuna epoca, niente di più. Se l'apparizione privata è in accordo con la rivelazione primaria e i testimoni sono credibili, si chieda con rispetto una conferma e poi si faccia quello che l'apparizione prescrive. E si faccia subito, immediatamente, senza perdere tempo, perché quello e solo quello è la volontà di Dio per quel momento. Se la Vergine chiede la consacrazione di un paese al suo Cuore Immacolato si faccia e basta, senza vergogne o finti ritardi. Questo è il dovere dei vescovi, essi che hanno come compito di pascere il gregge della Chiesa. Qui la direzione che i fedeli devono prendere è dettata direttamente dal cielo, senza possibilità di errore umano, bisogna solo avere fede. Al contrario ritenere tutto ciò superstizione non fa niente altro che attirare su di sé l'ira divina -rivelazione biblica-. La nostra durezza di cuore consiste innanzitutto nella malizia farisaica, cioè nel non voler avere a che fare con persone reali ma con leggi scritte, molto meno esigenti e soprattutto non vive. Anche la Scrittura può indicarci ciò che bisogna fare in un preciso momento -si pensi al "Tolle lege" o alla storia di Antonio-, ma un'apparizione di Cristo o di Maria indica una dimensione pubblica -globale- del problema. Infatti una rivelazione privata per tipologia può benissimo essere pubblica dal punto di vista della visibilità, basti pensare a Lourdes o Fatima. Ignorare le apparizioni è un atto gravissimo che condanna la Chiesa alla paralisi, dal momento che non è in grado da sola di trovare il rimedio indicato dall'apparizione. La durezza di cuore deriva dal ridurre la religione al trinomio "Sacra Scrittura" "Interpretazione" "Applicazione", senza tener conto di Cristo e dei fratelli. La durezza di cuore è il rifiuto della presenza di Cristo e porta alla lunga al rifiuto della presenza reale di Cristo nell'Eucarestia. 
Ed è per questo che le apparizioni sono sempre accompagnate da miracoli: è Cristo che dice "Tendi la mano!" a uno dei presenti per condannare la durezza di cuore di tutti gli altri.
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venerdì 13 gennaio 2012

Commento a Giacomo

Giacomo 2:1 Fratelli miei, non mescolate a favoritismi personali la vostra fede nel Signore nostro Gesù Cristo, Signore della gloria.
Qui si delineano meglio gli attributi di questa purezza e di questo aiuto.
La fede riguarda l’esistenza e gli attributi di Dio, la speranza l’azione di Dio tra gli uomini, la provvidenza. La fede, che è causa della speranza, non svanisce al sorgere della speranza stessa poiché la fede è un tipo di causa che sostiene in essere il suo effetto. La fede per generare la speranza non usa forme o materie preesistenti ma solamente l’oggetto suo proprio, Dio e i suoi attributi. La fede attraverso la discrezione –che si basa sulla conoscenza di Dio- è causa della purificazione e questa permette al credente di acquisire i beni spirituali attraverso l’azione, e quindi la pazienza la virtù la speranza. Tutto il processo di purificazione fino all’azione ha come causa formale la conoscenza di Dio. Tolta questa sarebbe tolta la fede, poi la discrezione e di conseguenza si perderebbe la purità e il credente ottunderebbe la sua anima con nuovi peccati. La purezza non è indipendente dalla conoscenza di Dio poiché quest’ultima è di origine soprannaturale. Essa è esterna a tutto ciò che è naturale ed è da esso indipendente. Il naturale è nel soprannaturale come qualcosa di accidentale, esso lo accompagna ma non entra nella sua essenza. Questa separazione tra naturale e soprannaturale fa si che la fede non si basi su entrambi ma solo sulla grazia di una rivelazione. La rivelazione, l’oggetto di fede, è causa formale unica della purezza e quindi della speranza che ne è conseguenza. Da ciò si vede come la purezza di cui parla l’Apostolo è la stessa che si ottiene nella fede e che permane nella speranza.
Giacomo 2:2 Supponiamo che entri in una vostra adunanza qualcuno con un anello d'oro al dito, vestito splendidamente, ed entri anche un povero con un vestito logoro.
Giacomo 2:3 Se voi guardate a colui che è vestito splendidamente e gli dite: «Tu siediti qui comodamente», e al povero dite: «Tu mettiti in piedi lì», oppure: «Siediti qui ai piedi del mio sgabello»,
Giacomo 2:4 non fate in voi stessi preferenze e non siete giudici dai giudizi perversi?
La fede –è stato detto altrove- porta alla verità e questa al diritto. Figura dell’uomo di fede è il re, perché simbolo del diritto. L’aderenza al diritto produce giustizia; diritto e giustizia sono quindi forma della speranza. L’azione del candidato alla beatitudine deve essere giusta e procedere dal diritto e dalla verità.
Giacomo 2:5 Ascoltate, fratelli miei carissimi: Dio non ha forse scelto i poveri nel mondo per farli ricchi con la fede ed eredi del regno che ha promesso a quelli che lo amano?
La fede comporta il diritto e questo la sovranità perché per obbedire ad una legge è necessario non essere legati a voleri di uomini, dal momento che questi mescolerebbero alla legge i loro arbitrii. L’uomo di fede dunque è obbediente a Dio e alla sua legge in forza del diritto (e non della violenza) e libero di fronte a tutti gli uomini. L’uomo di fede è sovrano e al sovrano si addicono le ricchezze, i beni eterni che vince in virtù dei suoi sforzi e della sua pazienza.
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mercoledì 11 gennaio 2012

Commento a Giacomo

Giacomo 1:22 Siate di quelli che mettono in pratica la parola e non soltanto ascoltatori, illudendo voi stessi.
Giacomo 1:23 Perché se uno ascolta soltanto e non mette in pratica la parola, somiglia a un uomo che osserva il proprio volto in uno specchio:
Giacomo 1:24 appena s'è osservato, se ne va, e subito dimentica com'era.
Giacomo 1:25 Chi invece fissa lo sguardo sulla legge perfetta, la legge della libertà, e le resta fedele, non come un ascoltatore smemorato ma come uno che la mette in pratica, questi troverà la sua felicità nel praticarla.
La speranza necessità di azione e di pratica e queste due cose producono la virtù, che fissa il bene nel soggetto. Se l’azione non creasse un’abitudine non si compirebbe il bene in maniera costante e non si avrebbe progresso nella santità. Questa pratica è una legge di libertà perché è una ripetizione costante e obbligata di un atto libero, il compimento dell’azione buona. Il credente compie azioni di grazia e il ripetersi di questo genera un fenomeno nuovo, la creazione di una virtù. Essa è perfetta rispetto alla forma perché unisce due contrari (libertà e necessità) e rispetto al fine perché inerisce ad un fine ultimo (la felicità). Inoltre se nella fede si esige uno sforzo continuo nel mettere in pratica il precetto, qui i precetti sono già fatti propri ed essi devono solo essere lasciati crescere, come una pianta che spunta dal terreno e si sviluppa. Questo perché nella speranza si torna a coltivare la vita che nella fede si era soppressa, ora purificata dall’ascesi.
La pratica della virtù non è un duro sforzo per modificare se stessi ma un lasciar emergere i precetti e la forza fatti propri nella fase della fede. È un processo spontaneo per cui il credente viene portato a produrre certi atti in vece che altri. Non si tratta dunque principalmente di una libertà di scelta, tipica della fede ma di un’assenza di impedimento.
La legge di libertà è questa spontaneità vitale libera dalle costrizioni esterne ma soggiacente ad una legge interna di sviluppo che la porta verso la carità.
Giacomo 1:26 Se qualcuno pensa di essere religioso, ma non frena la lingua e inganna così il suo cuore, la sua religione è vana.
Qui l’Apostolo presenta una quarta passione peccaminosa: la lingua. Essa inganna il cuore perché fa credere al cristiano che quello che la lingua dice corrisponda a ciò che è vero (il cui luogo è il cuore). Essa gli fa inoltre credere di essere buono solo perché lo afferma a gran voce. Essendo la religione giustizia rispetto a Dio e basandosi la giustizia sulla verità, un culto che si basi su premesse false genera atti inutili, dal momento che Dio non può accogliere nulla di falso. La spontaneità non può nemmeno consistere in un “lasciare andare” la lingua eliminando l’elemento razionale guadagnato nella fede.
Giacomo 1:27 Una religione pura e senza macchia davanti a Dio nostro Padre è questa: soccorrere gli orfani e le vedove nelle loro afflizioni e conservarsi puri da questo mondo.
Una religione perfetta nella fase della speranza consiste nel soccorrere gli orfani e le vedove. Essi, avendo perso il padre e lo sposo, rappresentano coloro che hanno perso il Padre e lo Sposo. Quindi l’azione di chi pratica la speranza è portare Dio a coloro che lo hanno perso, come faceva Gesù. A questo l’Apostolo aggiunge il non contaminarsi con quanto il mondo propone di impuro, per non scambiare il vivere la vita con la pratica della lussuria, come afferma S. Paolo.
Ira, lussuria, accidia e lingua trovano il loro contrario nella purezza e nell’aiuto verso il prossimo.
La religione quindi è giustizia quando fa esattamente quanto è necessario al suo stato, in questo caso ottiene il massimo dell’efficacia e della ricompensa divina.

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martedì 10 gennaio 2012

Mc 1,21-28: Taci! Esci da lui!

Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, [a Cafarnao,] insegnava. Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi.
Ed ecco, nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare, dicendo: «Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!». E Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui. 
Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: «Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!». 
La sua fama si diffuse subito dovunque, in tutta la regione della Galilea.

La storia narrata dai vangeli fino alle tentazioni nel deserto appartiene al periodo della fede nel credente. Successivamente, con la predicazione di Gesù, si apre il periodo della speranza.
Gesù predica a Cafarno, il cui significato sembra essere "città di Naum". Naum è il profeta del giorno del giudizio e della salvezza che ne segue. Gesù comincia la sua predicazione nel giorno sacro, in una città profetica e apocalittica. L'insegnamento di Gesù è autorevole, cioè dotato di quella forza che emana dalla verità e dal ruolo. La verità è stata ottenuta nella tentazione del deserto, in cui il credente viene provato dal demonio che tenta di farlo apostatare o desistere. La verità poi partorisce il diritto e questo la sovranità. Il ruolo riconosciuto dal popolo è questo: la sovranità di chi ha fatto propria la verità. Al contrario gli scribi non ottengono il loro potere dal diritto, ma dai diritti coagulati nelle prescrizioni. Persa l'origine (la verità) la legge si blocca nelle sue espressioni contingenti. Del diritto rimane solo la forma, compromessa mille volte dagli interessi di parte. 
La sinagoga rappresenta il luogo dei legalismi religiosi, il cuore formato ai precetti di scribi, cuore che possiede il cristiano prima dell'inizio della sua ascesi. Lo spirito che Cristo trova nella sinagoga è un demone impuro. Che rappresenta l'impurità in generale e specialmente l'impurità di fede, le dottrine nefaste che si accumulano nel cuore dell'uomo. 
Nella fede il credente si purifica attraverso la conoscenza di Dio e dal momento che comincia il suo ministero profetico è in grado di smascherare gli inganni relativi a questa virtù. Gesù è chiamato dal demone "Gesù di Nazareth" ma il significato preciso di ciò ci sfugge. I demoni, che hanno combattuto contro di lui, conoscono la sua identità e lo chiamano "il santo di Dio". Dio significa il Padre e al Padre si può associare la fede, come al Figlio la speranza e allo Spirito la carità. Quindi "santo della fede" o "santo del Dio della fede", trovato dal credente nella purificazione. Questa distinzione non ha valore ontologico (come se la fede riguardasse solo il Padre e la speranza solo il Figlio) ma esegetico: ovvero dal momento che esistono tre virtù teologali e si conquistano una dopo l'altra; ed esiste una rivelazione della Trinità in cui le Persone si sono rivelate una dopo l'altra; allora possiamo porre un'analogia tra le due serie ed essa sarà confermata se spiegherà tutti gli elementi della rivelazione evangelica. Ora qui le parole "Santo di Dio" sono spiegate e connesse bene perché qui Dio non può significare né il Verbo né lo Spirito né la Trinità, non ancora rivelati; e dunque solo il Padre e dunque la fede. E ciò è coerente con tutto ciò che è stato scritto. Se avessimo trovato "Santo dello Spirito Santo" non sarebbe andato bene perché qui la carità non c'entra.

Il credente che ha conquistato la fede può sanare il suo prossimo solo relativamente alla purificazione che lui stesso ha intrapreso, è in grado di far diventare chi guarisce simile a lui attraverso una purificazione. L'indemoniato è straziato perché la fede è stata conquistata nel dolore e nelle privazioni e le stesse devono essere compiute da coloro che ascoltano la predicazione. Tutti sono presi dal timore perché "il timore è l'inizio della sapienza" e questa si acquisisce -come già detto- nella fede; si "chiedono a vicenda" poiché non hanno ancora acquistato l'indipendenza che dà la fede. Lo stupore del popolo è ben comprensibile: un insegnamento dato con autorità -confermata dall'efficacia- presuppone che vi sia un'autorità e che questa sia conosciuta e riconosciuta; un comandamento nuovo indica che l'autorità ha cambiato qualche suo criterio o valore ha monte, e ciò significa che la verità che fonda l'autorità ha subito un mutamento. Ma è possibile che Dio muti? No, la risposta è la stessa nuova rivelazione del Figlio di Dio incarnato per l'uomo. Ma il popolo non capisce perché non ha ancora raggiunto la fede e quindi né conosce la volontà di Dio né sa leggere i segni soprannaturali, in questo caso l'affermazione del demone. Questo obbedisce perché l'obbedienza è direttamente opposta all'impurità. I tre precetti obbedienza povertà e castità sono legati alle tre virtù teologali in vari modi. La fede e l'ubbidienza nello specifico hanno una definizione simile: la prima è "adeguamento all'invisibile", la seconda "adeguamento a una volontà altrui". Il genere è lo stesso (adeguamento) e ciò significa che appartengono alla stessa famiglia. Dunque Gesù e il credente in nome della fede possono esercitare ed ottenere obbedienza.
La fama di Gesù si spande ovunque perché Egli soddisfa il bisogno profondo di verità e di azione che hanno gli uomini.
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lunedì 9 gennaio 2012

Mc 1,14-20: Andarono dietro a lui

Dal Vangelo secondo Marco

Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».
Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. Gesù disse loro: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini». E subito lasciarono le reti e lo seguirono.
Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, mentre anch’essi nella barca riparavano le reti. Subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedeo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui.



I primi chiamati sono Pietro (la fede soprannaturale) e Andrea (la fede naturale), poi Giacomo (la speranza) e Giovanni (la carità). I primi fratelli rappresentano le due virtù intellettive della fede; i secondi fratelli le due virtù operative. La fede naturale e soprannaturale svolgevano fino ad allora (la religione israelita) lo stesso mestiere, procurare beni materiali; dora in poi procureranno anime al Signore. Andando oltre nel percorso di fede si incontrano la speranza e l'amore al servizio di questa religione materiale. Forniscono gli strumenti ideologici affinché la fede religiosa perseveri. Queste lasciano Zebedeo e seguono Gesù. Zebedeo vuol dire "servitore di Dio" e può intendersi come il popolo ebraico, rispetto al lato storico; il peccato, nel senso che Dio lo usava per ricavarne un bene maggiore ma che ora va abbandonato; il desiderio, padre e della speranza e dell'amore, che adesso va abbandonato e sostituito con la volontà di Cristo.

Qui si nota il primato di Pietro rispetto agli altri Apostoli. Un'unione tra Chiesa Cattolica e Ortodossa è raccomandata, il Papa ha diritto al comando ma dovrebbe lasciare la massima autonomia possibile ai Patriarchi, egli interverrebbe nelle questioni solo se i Patriarchi si rivolgessero direttamente a lui. Per i Dogmi veri che la Chiesa Ortodossa non riconosce ci si appellerebbe alla "ricezione dilatata": il Papa lascerebbe che la grazia del Signore introduca i dogmi spontaneamente nella Chiesa senza sforzare o costringere. Gli ortodossi non respingerebbero i dogmi, ma li starebbero ricevendo. Dall'altra parte li starebbero valutando. La grazia di Dio può tutto e unisce agevolmente due Chiese che riconoscono le reciproche santità. 
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domenica 8 gennaio 2012

Mc 1,7-11: Come una colomba

Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Giovanni proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».
Ed ecco, in quei giorni, Gesù venne da Nàzaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. E, subito, uscendo dall’acqua, vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba. E venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».

Nel battesimo Dio dona una vita nuova al credente. Dona quei tre semi -fede speranza carità- che devono essere coltivati per giungere alla santità. Dicono che al termine della carità, quando Dio toglie tutto quello che ha dato precedentemente, rimangano solamente tre bricioli delle tre virtù teologali. Questi pesano come i tre semi posti nel battesimo e gli corrispondono secondo le parole "Io sono l'alfa e l'omega". Infatti ciò che è all'inizio è anche alla fine, diverso nella forma ma uguale nella sostanza.
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Commento a Giacomo

Giacomo 1:16 Non andate fuori strada, fratelli miei carissimi;
Giacomo 1:17 ogni buon regalo e ogni dono perfetto viene dall'alto e discende dal Padre della luce, nel quale non c'è variazione né ombra di cambiamento.
La brama terrena origina dalla materia, dal basso; la grazia viene da Dio, che è spirito. La materia è sensibile e opaca all’intelletto, alla volontà e all’amore; Dio è pura trasparenza, luce. E questa grazia che fa fiorire la speranza è vita ed è luce, poiché “la luce era la vita degli uomini”. Quindi il Padre della vita è anche il Padre della luce e questa metafisica della vita è anche una metafisica della luce. La brama infine è scostante e si concentra su capricci, la grazia è simile alla sua origine, una ed eterna. Si capisce quindi che la vita a cui aspira questa speranza sarà “senza variazione né ombra di cambiamento”, cioè eterna.
Giacomo 1:18 Di sua volontà egli ci ha generati con una parola di verità, perché noi fossimo come una primizia delle sue creature.
Nel credente la chiamata alla fede è un atto libero di Dio. Questa chiamata alla fede è una chiamata alla verità, perché la fede ha come oggetto specifico la verità.
Giacomo 1:19 Lo sapete, fratelli miei carissimi: sia ognuno pronto ad ascoltare, lento a parlare, lento all'ira.
Ora la virtù della speranza si ottiene rimanendo fedeli a quanto ottenuto con la virtù della fede poiché la seconda è preliminare alla prima. Quindi il dominio di sé è fondamentale a questo scopo, dal momento che controllare le passioni è stato necessario per purificarle dalla malizia.
Giacomo 1:20 Perché l'ira dell'uomo non compie ciò che è giusto davanti a Dio.
Giacomo 1:21 Perciò, deposta ogni impurità e ogni resto di malizia, accogliete con docilità la parola che è stata seminata in voi e che può salvare le vostre anime.
Tra tutte le passioni le più pericolose sono l’ira, che è l’odio violento verso l’esterno e l’impurità, che è l’abuso della sessualità. Queste sono tipiche passioni che nascono dall’incontro con la realtà esterna (e quindi non purificate dalla fede) e viziano l’azione del soggetto. La parola seminata nella fede, dopo aver vinto la durezza del terreno, è nata e ora va accudita. Se nella fede il credente lavorava per scavare in se stesso e fa posto alla parola di Dio, qui al contrario non bisogna farsi violenza ma farla crescere con dolcezza, combattendo piuttosto le minacce che provengono dall’esterno. Per questo motivo Gesù fece penitenza solo fino ai quaranta giorni nel deserto: perché prima mostrava agli uomini come coltivare la fede e poi mostrava come accudire la speranza. Il vino nuovo della parabola è la speranza che sostituisce il vino vecchio della fede. La parola può salvare le nostre anime quando essa genera la fede, allora il cristiano è salvo. Il completamento della speranza porterà ad un grado di santità maggiore, la beatitudine. “Resto di malizia” sono le passioni non ancora purificate.



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venerdì 6 gennaio 2012

Mt 2,1-12: Il Buon Pastore

Dal Vangelo secondo Matteo

Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». All’udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: “E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele”».
Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo».
Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.


I  magi rappresentano i popoli gentili che adorano il Cristo Signore. E' la prima adorazione del Signore, prima che incominci l'opera vera e propria di Cristo. Cristo predicherà, sarà crocefisso, resusciterà ed infine manderà lo Spirito affinché anche i pagani partecipino delle grazie della Croce. Ma prima di tutto ciò c'è questo. I gentili -dopo i pastori, rappresentati Israele- sono attirati per portare i loro omaggi al nuovo re: i Magi vengono da lontano, Erode e gli scribi non sono nemmeno convocati. I Magi sono astronomi, scienziati, forse maghi; sicuramente sono sapienti, dotti secondo la sapienza pagana. La sapienza pagana dunque contiene semi di verità e può arrivare a Dio ma essa non basta, i Magi devono chiedere a Israele (gli scribi e i sacerdoti) precisazioni ulteriori. Israele ha la sapienza dei testi sacri ma non la sfrutta, i pagani ne hanno poca ma si ingegnano. Il Messia di Malachia è Capo e Pastore. Capo perché è il Re che i pagani cercano, Pastore perché è Lui stesso che li guida verso di Sé. Le indicazioni in  loro possesso sono veritiere, i Magi sanno che troveranno un bambino, che questi sarà re e addirittura che sarà Dio. I Magi vengono ad adorare un uomo e perfino Erode si associa all'adorazione. Per un ebreo l'adorazione di un uomo è cosa abominevole, Erode ignora la bestemmia per calcolo politico.I Magi portano oro al Re appena nato, incenso al Dio e mirra al Messia.

I tre Magi oggi sono i tre popoli che ancora non sono cristiani: il popolo arabo, indiano e i popoli orientali. Essi cercano un Dio che sia anche un Re che li porti alla vittoria. Cercano un bambino, una cosa semplice e piccola, che rappresenta un'idea semplice che stia alla base della loro sapienza.
Hanno una sapienza profonda, ma gli manca la rivelazione ebraica che gli riveli che il Re è anche un Pastore, vale a dire un custode di pecore, animali miti ed indifesi. L'ideologia che cercano deve raggiungere la potenza attraverso la mitezza. I Magi lo capiscono e all'incontro con il Re piegano umilmente il ginocchio alla debolezza del bambino. Questi popoli devono esaminare la cultura ebraica (perché  i testi sacri altrui possono essere esaminati senza colpa solo come cultura) ma non devono fermarsi in questa cultura: accresciuto il loro sapere devono continuare la ricerca. Una certa intesa tra gentili e giudei è quindi necessaria, ma il fine dell'ebraismo è la soppressione del cristianesimo allora come oggi, ed è necessario che i cristiani preghino per i gentili affinché non "ritornino da Erode" ma diano ascolto a nuove rivelazioni. La stella che i Magi rappresenta e porta a Cristo, la stella che sorge da Giacobbe. Dunque il simbolo conduce al significato. Maria è presente con Gesù, ciò vuol dire che ella Lo sostiene nel compito di attirare i gentili alla fede.
Cristo non fa niente, attira i Magi con la sua presenza. Qui non c'è parola di Dio e questo illumina profondamente le modalità di conversione dei gentili. La prima conversione del vangelo, che è una "prostrazione", non avviene attraverso la parola ma la presenza e ciò ribadisce ulteriormente il primato della Presenza reale rispetto al Vangelo scritto. La sostanza è superiore all'accidente e Dio è superiore a quello che dice. L'Eucarestia attira i popoli al Vangelo e non il contrario; la parola di Dio, il messaggio di non tornare da Erode, viene dopo la conversione e l'adorazione. Anche successivamente, quando Gesù dice agli Apostoli di predicare ad ogni creatura, gli Apostoli sono a Mensa; anche i discepoli di Emmaus capiscono dopo la predicazione di Cristo,  quando Questi spezza il pane. Le Scritture aprono il cuore e la mente, ma è la Presenza che converte.
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mercoledì 4 gennaio 2012

Gv 1,35-42: La nascita di Pietro

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Giovanni stava con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l’agnello di Dio!». E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù.
Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì – che, tradotto, significa maestro –, dove dimori?». Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio.
Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» – che si traduce Cristo – e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» – che significa Pietro.


L'Eucarestia è il corpo e il sangue di Cristo, il corpo e il sangue di Dio. E' il Dio fatto carne che assume le sembianze del pane e del vino per potersi donare a tutti. Il corpo e il sangue di Dio non mutano solo la forma (trasformazione) né mutano solo la materia di cui sono composti (smaterializzazione) ma entrambe; avviene la sostituzione di una sostanza (il pane e il vino) con un'altra sostanza (il corpo divino) mantenendo l'aspetto esteriore della prima. 
Tutto nella Chiesa è organizzato attorno all'Eucarestia. Il clero esiste perché l'Eucarestia è un sacrificio da compiere ed essendo la vittima sacra solo chi è autorizzato da Dio può compiere il rito. L'Eucarestia è la causa e il sacramento dell'Ordine l'effetto. 
Gli altri sacramenti tendono all'Eucarestia come al loro fine naturale. Il Battesimo, la Riconciliazione e l'Unzione dei malati servono a purificare il credente in vista della ricezione del più santo Mistero; la Cresima dona la forma dell'apostolato il quale ha come oggetto il sacrificio di Cristo, gli Apostoli dopo la Pentecoste erano assidui nella preghiera e nello spezzare il pane. Anche il Matrimonio ha come fine l'Eucarestia  (e non il sacramento dell'Ordine).  Esso è ordinato alla santificazione degli uomini e delle donne  e alla loro unione in un'unica vita, esso si modella sull'unione tra il corpo di Cristo e il corpo del credente nell'assunzione del sacramento. L'Eucarestia è Dio: il Dio presente nella Chiesa allo stesso identico modo in cui è presente qualsiasi credente.


E' il motivo per cui esistono le tradizioni. Perché le parole e le vite dei Padri e dei Santi sono normative? Come è possibile che oltre alla Scrittura esista un'altra parola su cui ci si regoli? Come è possibile che oltre alla vita di Cristo altre vite  siano dei modelli validi a cui gli uomini possano conformarsi? Il motivo è che quegli uomini erano uniti in fusione al Cristo: essendosi nutriti dell'Eucarestia ne hanno assunto la forma. Sono uomini la cui forma ha assimilato quella di Cristo e questa ha donato la sua caratteristica  di essere Verità, origine di ogni norma. Le tradizioni hanno la loro origine nell'Eucarestia. Il credente si è detto assimila la forma del Cristo. Cristo significa unto, cioè consacrato. Il consacrato è colui che appartiene a Dio e le prime consacrazioni sono quelle delle vittime degli olocausti. Il Cristo dunque è l'Agnello, il consacrato al sacrificio. Ma è anche il Rabbì, il maestro, colui che insegna la verità. E Gesù non è solo un maestro, ma è la Verità. Il Battista indica ai discepoli l'Agnello e questi lo riconoscono come Maestro. Dopo il colloquio lo presentano come il Cristo, il consacrato predestinato a cambiare gli eventi. Simone crede ad Andrea e insieme si reca da Gesù, il quale gli cambia nome in Pietro. E' tutta la genesi della Chiesa a partire dall'Eucarestia. La giustizia precristiana -Giovanni- riconosce il sacrificio vero -l'Agnello- e lo indica ai suoi discepoli. Questi vanno all'Eucarestia e si fermano da lei alle quattro, numero che indica le realtà terrene di cui si occupa questa giustizia e vi rimangono tutto il giorno, vale a dire fino al compimento -attraverso il dovere- di questa stessa giustizia. Essi cercavano un maestro (rabbì), vale a dire un modello di vita e trovano ciò che è destinato da Dio alla salvezza di tutti -il Messia-. Avviene una cernita: solo uno resiste tutto il giorno: Andrea il cui nome significa appunto "valoroso". 

Va quindi da Simone, il cui nome significa "colui che ascolta e ubbidisce a Dio" e che rappresenta le virtù nate dall'ascolto del maestro, e con lui ritorna al Cristo.  
In virtù della consacrazione eucaristica che è anche la consacrazione messianica  l'Eucarestia cambia nome a Simone e lo rende Pietro, cioè la Chiesa. La Chiesa nasce dalla prova dell'Eucarestia, l'uomo giusto diventa cristiano se si avvicina al Sacramento misterioso. Ma come è possibile che un non cristiano o un non cattolico possa avvicinarsi al sacramento prima del battesimo? Possono i non cattolici comunicarsi? No in generale, ma possono avvicinarsi all'Eucarestia attraverso l'adorazione eucaristica. Per questo Gesù dice "venite e vedrete" perché l'agnello non va mangiato, ma visto, contemplato nell'adorazione. L'adorazione eucaristica è lo strumento di conversione più potente che esista perché è Dio, senza mediazioni. Mentre l'uomo guarda Cristo Egli guarda il discepolo  ("Fissando lo sguardo su di lui") e lo trasforma in Chiesa. 
Altri sensi - Andrea che rappresenta il popolo ebraico e il suo compagno i pagani; Andrea che rappresenta la Chiesa Ortodossa, di cui Andrea è Patrono; Giovanni come il sacerdote cattolico che addita ai fedeli il sacramento; la formazione del clero- non mutano il significato fondamentale che è quello della chiamata universale di tutti alla fede attraverso l'adorazione di Dio nell'Eucarestia.
    
Un senso però va sottolineato. Pietro è il primo Papa e rappresenta tutti i Papi. Qui è evidente come la figura del Papa nasca direttamente dall'Eucarestia  e come questa lo crei. Simone è Pietro perché è il primo uomo di fede -cioè che crede a Cristo senza averlo visto-  conosciuto dall'Agnello, e per questo motivo è il primo. Andrea e il suo compagno passano tutto il giorno con l'Agnello, ma Questo parla e gli altri ascoltano.  Pietro crede senza vedere e per questo è da Gesù premiato con il primato su Andrea e su tutti gli altri.
L'Eucarestia crea il clero perché necessario al sacrificio e crea il Papa da un privilegio accordato al pescatore di Galilea. In questo senso il Papa è la più antica tradizione perché Pietro fu il primo uomo con cui l'agnello entrò in comunione di fede, il primo uomo plasmato dallo sguardo di Dio.    





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