sabato 21 gennaio 2012

Commento a Giacomo

Giacomo 2:6 Voi invece avete disprezzato il povero! Non sono forse i ricchi che vi tiranneggiano e vi trascinano davanti ai tribunali?
Giacomo 2:7 Non sono essi che bestemmiano il bel nome che è stato invocato sopra di voi?
L’uomo senza Dio al contrario non obbedisce a nessuna legge e quindi ritiene il diritto un’arma da usare contro i suoi avversari; il suo ambiente naturale è il tribunale dove si diverte a pervertire la legge a suo favore. Anzi ogni situazione diventa con lui tribunale in cui si processano gli indifesi. Essi bestemmiano Dio perché non ottengono quello che desiderano non potendolo ottenere, essendo il loro appetito insaziabile.
Giacomo 2:8 Certo, se adempite il più importante dei comandamenti secondo la Scrittura: amerai il prossimo tuo come te stesso, fate bene;
Qui l’Apostolo mette in guardia da un grave errore: l’amore immaturo. La carità, che è il vero amore, si raggiunge dopo la fede e la speranza e le corona. Prima di ciò l’amore è presente ma è adeguato al livello di santità a cui uno è giunto. Nella fede l’amore è amore della verità e della volontà di Dio; nella speranza l’amore è amore di giustizia e di libertà fino all’amore delle anime; nella carità si ama Dio e le anime sopra ogni cosa. Ora nella Scrittura sono presenti tutti gli insegnamenti che occorrono al cristiano e tutti vanno realizzati in ciascuna fase. Nella fede si apprendono come oggetto di fede e si mettono in pratica per purificarsi mentre nella speranza caratterizzano l’azione. Dunque anche i comandamenti attinenti alla carità, formalmente più elevati, vengono praticati anche nella fede e nella speranza.
“Amerai il prossimo tuo come te stesso” e non “amerai Dio con tutto il tuo cuore” innanzitutto perché in senso assoluto il prossimo è Gesù, come ci insegna la parabola del Samaritano, e dunque non c’è contrasto tra i due precetti dal momento che è sempre Dio che si ama per primo. In secondo luogo “Amerai il prossimo tuo come te stesso” è precetto della speranza, poiché rivolto alle anime, che sono il fine a cui si rivolge l’azione in questa fase.
Giacomo 2:9 ma se fate distinzione di persone, commettete un peccato e siete accusati dalla legge come trasgressori.
Il precetto della carità –che riassume tutti gli altri- può essere corrotto dalla mancanza di giustizia nell’ambito dei rapporti tra persone, l’ambito in cui conclude la pratica delle virtù, essendo nella speranza, a differenza della fede, i rapporti interpersonali luogo della pratica della virtù, dal momento che attorno alle persone si organizza il reale. L’Apostolo accusa di fare favoritismi e ciò si ha quando si trattano persone uguali con misure diverse.
Giacomo 2:10 Poiché chiunque osservi tutta la legge, ma la trasgredisca anche in un punto solo, diventa colpevole di tutto;
Giacomo 2:11 infatti colui che ha detto: Non commettere adulterio, ha detto anche: Non uccidere.
Ora se tu non commetti adulterio, ma uccidi, ti rendi trasgressore della legge.
La ragione per cui chi trasgredisce un solo precetto è colpevole di tutto è di ordine genetico: tutti i precetti hanno la medesima origine –Dio- e chi viola i precetti offende Dio. L’offesa poi è uguale sia che se ne violi uno o molti, perché l’offesa ad un essere infinito è una colpa infinita che merita una pena infinita. Per questo non è scritto “diventa colpevole di tutti i precetti” ma “diventa colpevole di tutto”: il tutto indica l’infinità della colpa. La legge di libertà, la ripetizione spontanea di azioni buone non può quindi sopprimere la legge in favore della libertà. Non solo perché “la verità –essenza della legge- vi farà liberi” ma perché la libertà senza legge scade in favoritismo, il quale giungerà fino all’adorazione di un uomo come dio. Oltre a questo si può anche intendere in questo modo: chi trasgredisce i comandamenti della speranza è colpevole di tutto, anche della trasgressione della fede, poiché colui che ha ordinato di non commettere adulterio, cioè di non adorare gli idoli, dimenticando la propria fede, ha anche detto non uccidere, il corpo e l’anima delle persone, ma di farle vivere, secondo la parabola del servo infido. Offendere Dio facendo del male ai suoi figli contiene anche l’offesa della fede, poiché essa consiste nel non credere nella sua esistenza e nei suoi attributi, e chi lo offende non reputa che esista o che sia onnipotente o sommo amore.

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