martedì 17 aprile 2012

Commento a Giacomo

Giacomo 2:24 Vedete che l'uomo viene giustificato in base alle opere e non soltanto in base alla fede.
Giacomo 2:25 Così anche Raab, la meretrice, non venne forse giustificata in base alle opere per aver dato ospitalità agli esploratori e averli rimandati per altra via?
Giacomo 2:26 Infatti come il corpo senza lo spirito è morto, così anche la fede senza le opere è morta.
Raab crede che il Signore abbiamo compiuto miracoli in Egitto e opera di conseguenza: si schiera dalla parte degli Israeliti e salva la sua famiglia. Raab –il cristiano- crede nella parola attraverso la fede e al momento giusto, secondo la volontà del Signore, lo dimostra con l’azione; il risultato sarà la salvezza di altre anime, in particolare delle persone che gli stanno vicino, il suo prossimo. Il corpo senza lo spirito è morto perché lo spirito lo anima. Le opere sono la vita della fede, cioè la fede diventa reale attraverso le opere. Nella speranza dunque le azioni –causa delle opere- sono portatrici di vita sia per il soggetto che forma la sua vita secondo le virtù sia per i destinatari dell’azione che hanno salva la loro anima. Chi ha raggiunto la verità è puro ma se non coltiva la speranza rimarrà senza vita, e quindi sarà come un cadavere lavato. Coloro che muoiono purificati –perché pentiti dei loro peccati- ma senza opere devono rimediare in purgatorio, dove otterranno vita a caro prezzo. Per questo le devozioni delle anime del purgatorio si basano sul sangue di Cristo: perché esso è la vita delle anime.
Giacomo 3:1 Fratelli miei, non vi fate maestri in molti, sapendo che noi riceveremo un giudizio più severo,
Giacomo 3:2 poiché tutti quanti manchiamo in molte cose. Se uno non manca nel parlare, è un uomo perfetto, capace di tenere a freno anche tutto il corpo.
“Non vi fate maestri in molti” può significare due cose. Innanzitutto che i maestri debbano essere scelti tra persone degne, perché è un compito difficile, che riserba punizioni in caso di fallimento. In secondo luogo coloro che guidano altri lungo la via del vangelo devono usare prudenza e ricordarsi che il peccato è sempre in agguato.
E se qualcuno afferma che le parole del Vangelo “non chiamatevi tra voi maestri, solo uno è il vostro maestro” stiano ad indicare che non ci devono essere sacerdoti, questi nega il valore della Lettera, poiché qui è scritto “non vi fate maestri in molti, sapendo che noi riceveremo un giudizio più severo” il che indica che almeno Giacomo era un maestro e dunque non solo il Cristo può fregiarsi di questo titolo. Coloro che, per spirito o per ministero, hanno autorità, si ricordino di controllare la lingua, perché ogni parola insegna e l’insegnamento è l’azione propria dei maestri.

Giacomo 3:3 Quando mettiamo il morso in bocca ai cavalli perché ci obbediscano, possiamo dirigere anche tutto il loro corpo.
La lingua guida il corpo perché la parola è il risultato dell’interazione tra intelletto, volontà, passioni e carattere. Dunque chi riesce a controllarla ha già controllato tutti questi.
Giacomo 3:4 Ecco, anche le navi, benché siano così grandi e vengano spinte da venti gagliardi, sono guidate da un piccolissimo timone dovunque vuole chi le manovra.
Giacomo 3:5 Così anche la lingua: è un piccolo membro e può vantarsi di grandi cose. Vedete un piccolo fuoco quale grande foresta può incendiare!
“Un po’ di lievito può far fermentare tutta la pasta”.
Giacomo 3:6 Anche la lingua è un fuoco, è il mondo dell'iniquità, vive inserita nelle nostre membra e contamina tutto il corpo e incendia il corso della vita, traendo la sua fiamma dalla Geenna.
Qui l’Apostolo passa dalla lingua intesa come organo al peccato che si compie con questo organo. La lingua è un fuoco significa che essa è una passione; iniqua cioè malvagia; che nasce nel rapporto tra corpo e intelletto; supporta tutti i vizi; si alimenta alla fonte dell’odio (Geenna) che si trova nel profondo del cuore dell’uomo. È un’arma che non risponde più all’intelletto ma mira solamente ad attaccare gli altri uomini e si rivela particolarmente nella speranza. Ciò perché dopo la purificazione la vita torna a scorrere nel credente ed insieme ad essa tutti i possibili peccati legati alla vita e all’azione. La lingua è la passione della comunicazione con gli altri, e quest’ultima è fondamentale nello stadio della speranza.

Giacomo 3:7 Infatti ogni sorta di bestie e di uccelli, di rettili e di esseri marini sono domati e sono stati domati dalla razza umana,
Giacomo 3:8 ma la lingua nessun uomo la può domare: è un male ribelle, è piena di veleno mortale.
La lingua è più pericolosa dei demoni, rappresentati dalle bestie, genera ribellione e porta al peccato mortale.
Giacomo 3:9 Con essa benediciamo il Signore e Padre e con essa malediciamo gli uomini fatti a somiglianza di Dio.
Giacomo 3:10 È dalla stessa bocca che esce benedizione e maledizione. Non dev'essere così, fratelli miei!
Giacomo 3:11 Forse la sorgente può far sgorgare dallo stesso getto acqua dolce e amara?
Giacomo 3:12 Può forse, miei fratelli, un fico produrre olive o una vite produrre fichi? Neppure una sorgente salata può produrre acqua dolce.
Ciò indica il misconoscimento dell’origine dell’effetto dalla causa. Questo peccato deriva dall’assenza del concetto nell’espressione linguistica. Esso deriva essenzialmente da una caduta nel materialismo, dal momento che la parola non obbedisce più all’intelletto ma tende a sostituire le proprie leggi intrinseche a quelle di quest’ultimo. Scompare l’aspetto spirituale della parola e quindi essa –materiale e sensibile- tende a rispondere solamente alle leggi della materia, impenetrabilità; e a quelle della vita sensibile, origine ed espansione. La parola non obbedisce alla logica e non esprime più niente, vuole solo difendere la sua origine –l’io- aumentando in quantità ed opacità. La sorgente della comunicazione non è più l’anima –attraverso il concetto- ma la carne –attraverso la lingua-.

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