mercoledì 25 luglio 2012

Commento a Giacomo

Giacomo 5:9 Non lamentatevi, fratelli, gli uni degli altri, per non essere giudicati; ecco, il giudice è alle porte.
Giacomo 5:10 Prendete, o fratelli, a modello di sopportazione e di pazienza i profeti che parlano nel nome del Signore.
Giacomo 5:11 Ecco, noi chiamiamo beati quelli che hanno sopportato con pazienza. Avete udito parlare della pazienza di Giobbe e conoscete la sorte finale che gli riserbò il Signore, perché il Signore è ricco di misericordia e di compassione.
La pazienza è la virtù principe della speranza perché è la virtù che genera la vita nello sforzo di superare i suoi ostacoli. L’Apostolo esorta a coltivarla e a seguire l’esempio dei profeti. Il profeta è colui che parla per bocca di Dio non in termini sapienziali (come lo scriba devoto) né in termini rituali (come il sacerdote) ma in termini concreti, come disposizioni riguardanti l’ora presente. I profeti, generalmente non ascoltati, devono sforzarsi di convincere il popolo ad attuare la volontà di Dio, il progetto di Dio che lo riguarda. Non è il profeta che deve attuare il progetto, ma il popolo: è la pianta che deve crescere da sola per far frutto. Il profeta spera che questo progetto sia messo in pratica e predica al popolo fino alla morte, come Gesù. Beatitudine e profezia sono la stessa cosa. Quando Gesù manifesta la sua beatitudine sul Tabor lo fa tra due profeti, Elia e Mosè. Il profeta Giobbe per la sua pazienza riceve in dono di stare alla presenza di Dio, allo stesso modo chi conquista la corona del profeta potrà stare alla presenza di Dio nella carità. A Giobbe vengono reintegrati ed aumentati tutti i beni che aveva perso: la sovrabbondanza è simbolo della carità che contiene in sé ogni bene. Coloro che hanno raggiunto la fede sono salvi, coloro che hanno raggiunti la speranza sono beati e coloro che hanno raggiunto la carità sono santi. Alla fine della speranza si raggiunge il titolo di profeti così come alla fine della fede si conquista la regalità.
Giacomo 5:12 Soprattutto, fratelli miei, non giurate, né per il cielo, né per la terra, né per qualsiasi altra cosa; ma il vostro «sì» sia sì, e il vostro «no» no, per non incorrere nella condanna.
Disposizioni finali dell’Apostolo. Non giurate, perché Dio non muta e i suoi profeti sono i suoi araldi, e soprattutto perché non è possibile prevedere o costringere la volontà di Dio in un nostro giuramento ma è necessario sempre mettersi in ascolto delle disposizioni divine.
Giacomo 5:13 Chi tra voi è nel dolore, preghi; chi è nella gioia salmeggi.
Chi è nel dolore è da questi paralizzato e reso arido, quindi gli manca la forza di esprimere moti profondi dell’anima nella preghiera, meglio è che preghi sobriamente cercando di contenere quello che ha nel cuore; chi è nella gioia invece canti perché la gioia gli fornisce una forza aggiuntiva che va essa stessa a lode di Dio. 
Giacomo 5:14 Chi è malato, chiami a sé i presbiteri della Chiesa e preghino su di lui, dopo averlo unto con olio, nel nome del Signore.
Giacomo 5:15 E la preghiera fatta con fede salverà il malato: il Signore lo rialzerà e se ha commesso peccati, gli saranno perdonati.
Giacomo 5:16 Confessate perciò i vostri peccati gli uni agli altri e pregate gli uni per gli altri per essere guariti. Molto vale la preghiera del giusto fatta con insistenza.
Giacomo 5:17 Elia era un uomo della nostra stessa natura: pregò intensamente che non piovesse e non piovve sulla terra per tre anni e sei mesi.
Giacomo 5:18 Poi pregò di nuovo e il cielo diede la pioggia e la terra produsse il suo frutto.
Chi è in pericolo di vita ha il dovere di chiamare a sé i sacerdoti e questi devono fare due cose: ungerlo con l’olio e poi pregare per lui. L’unzione con l’olio è il sacramento dell’unzione, che è una preparazione alla morte del malato. L’olio è simbolo della sapienza e l’estrema unzione è il sacramento della preparazione spirituale che ogni uomo deve avere di fronte alla morte. Così come il matrimonio rende sacro un vincolo naturale, così l’unzione rende sacro un bisogno naturale, che è quello della preparazione –spirituale e filosofica- dell’uomo davanti alla morte. Ciò è un vincolo naturale dal momento che la morte lega tutti gli uomini secondo un rapporto di natura, in questo caso la natura ferita dal peccato originale. La preghiera poi serve a guarire il malato e poi eventualmente, a perdonargli i suoi peccati. “Il Signore lo rialzerà e se ha commesso peccati…” quindi il Signore lo rialza, anche se non ha commesso peccati, e ciò rende legittima anche una lettura letterale del passo. In un altro senso il malato è colui che subisce tentazioni di peccato, l’unzione con l’olio rappresenta l’istruzione che il peccatore riceve sulla sua condizione e le preghiere faranno passare in lui le tentazioni. In entrambi i casi si richiede la purificazione dai peccati nella confessione dei propri peccati: nel primo caso la preghiera avverrà prima dell’unzione (poiché ogni unzione è una consacrazione a Dio e per consacrarsi a Dio è necessario essere “agnelli senza macchia”) e nel secondo caso dopo (perché la conoscenza dei propri peccati è previa al loro perdono). Il cristiano nella speranza deve aver già superato la fede e quindi conquistato il titolo di Re e con esso le virtù di diritto e di giustizia. Per questo l’Apostolo lo chiama giusto. Coloro poi che vogliono mettere in pratica la giustizia ricevono persecuzioni secondo quanto scritto nelle beatitudini. Elia è il tipo del profeta e del giusto, le grazie (le piogge) cessano sotto di lui per tre anni e sei mesi, tempo anticristico indicante il periodo della punizione degli uomini. Finito questo periodo le grazie ritornano e gli uomini posso ritornare ad intraprendere la vita quotidiana (il frutto della terra).
Giacomo 5:19 Fratelli miei, se uno di voi si allontana dalla verità e un altro ve lo riconduce,
Giacomo 5:20 costui sappia che chi riconduce un peccatore dalla sua via di errore, salverà la sua anima dalla morte e coprirà una moltitudine di peccati.
Tutta la speranza ha come fine le anime, il portare anime a Dio. L’azione, la pazienza, la virtù, tutto è finalizzato all’amore del prossimo che è vero amore di Dio. La virtù e la religione non sono altro dall’amore dei miei fratelli, solo che questo amore non è ancora autonomo ma deve ancorarsi a regole, quelle della speranza. Ma questa è una fase breve, che passa velocemente e già trasfigura nella dolce e dura carità. 

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