venerdì 25 maggio 2012

Commento a Giacomo

Giacomo 4:7 Sottomettetevi dunque a Dio; resistete al diavolo, ed egli fuggirà da voi.
L’umiltà poi porta all’obbedienza perché l’umile riconosce giusto lasciare che siano i più capaci a comandare. Il fedele deve resistere al diavolo perché il diavolo cercherà sicuramente di tentarlo con la superbia secondo le parole “ chi ha intenzione di servire il Signore si prepari alla tentazione”. La tentazione del diavolo nella speranza è poca in confronto alla tentazione nella fede e nella carità. Nel vangelo Gesù è tentato fino alla vittoria nel deserto e poi dopo l’ultima cena, come affermano le parole “Dopo aver esaurito ogni specie di tentazione, il diavolo si allontanò da lui per ritornare al tempo fissato”.
Giacomo 4:8 Avvicinatevi a Dio ed egli si avvicinerà a voi. Purificate le vostre mani, o peccatori, e santificate i vostri cuori, o irresoluti.
La spontaneità nel cuore del fedele, che lo dirige verso azioni buone, lo porta verso la carità e quindi verso Dio. Dio poi ricambia per poter essere totalmente nel fedele. Dio si allontana se vengono compiute azioni malvagie o se ci si macera nell’indecisione. Nel primo caso l’azione peccaminosa fa perdere anche le grazie relative alla fede dal momento che intelletto e volontà agiscono insieme e chi pecca contro la volontà invalida anche l’intelletto. Il peccato necessita quindi di una purificazione. L’indecisione non è in sé un peccato di questo tipo perché non c’è volontà né azione, ma impedisce di raggiungere un grado di santità più elevato. L’indecisione cronica ha altre cause, dettate a monte da un peccato da eliminare. 
Giacomo 4:9 Gemete sulla vostra miseria, fate lutto e piangete; il vostro riso si muti in lutto e la vostra allegria in tristezza.
Giacomo 4:10 Umiliatevi davanti al Signore ed egli vi esalterà.
In caso di peccato nella fase della speranza è necessaria penitenza. Per prima cosa è necessario riflettere sulla pochezza dei beni spirituali posseduti (Gemere sulla vostra miseria) su quanto questi dipendano dal favore del Signore; successivamente compatirsi, anche pubblicamente se necessario (Fate lutto). Le manifestazioni di vita (allegria) che hanno accompagnato la vita del cristiano in questo momento devono essere momentaneamente bloccate e il loro posto va lasciato alla pratica dell’umiltà.
Giacomo 4:11 Non sparlate gli uni degli altri, fratelli. Chi sparla del fratello o giudica il fratello, parla contro la legge e giudica la legge. E se tu giudichi la legge non sei più uno che osserva la legge, ma uno che la giudica.
Giacomo 4:12 Ora, uno solo è legislatore e giudice, Colui che può salvare e rovinare; ma chi sei tu che ti fai giudice del tuo prossimo?
La legge di cui si parla è la legge di libertà cui si accennava sopra. Lo Spirito soffia dove vuole e anche il cristiano animato dallo Spirito è libero perché agisce secondo la volontà dello Spirito. Il cristiano che segue lo Spirito partecipa della sua libertà. Questa libertà può scandalizzare i fratelli perché non risponde alle logiche del mondo ma a quelle della carità. L’uomo nella speranza è già un uomo spirituale e si comporta da uomo spirituale, vale a dire obbedisce più a Dio che agli uomini. L’obbedienza presuppone l’ascolto e l’uomo d’azione sacra ascolta Dio e ne esegue i comandi senza badare all’opinione della gente. Dio è l’autore di questa legge e il solo giudice, dal momento che la conosce perfettamente. Infatti solo chi conosce la legge può arbitrarla. Non solo, Dio è giudice e legislatore perché può “salvare o rovinare”. Qui non si tratta di salvezza o rovina delle anime, perché Dio non danna nessuna anima, ma di salvezza o rovina delle opere degli uomini. La funzione legislativa in senso largo deriva quindi da un potere che Dio ha sulle opere degli uomini. Questo è un potere di conservare o distruggere ciò che l’uomo fa in base al fatto che l’opera si conformi alla verità, Dio stesso. Quindi quel giudizio che Dio dà sulle opere degli uomini e l’azione divina che ne consegue sono la causa dello sbocciare di una spontaneità sacra mentre l’uomo coltiva la virtù della speranza. La Provvidenza è causa della vita dell’uomo e fa in modo che l’uomo partecipi della sua natura. L’uomo beato agisce come Dio, sempre nella verità e in perfetta sintonia con il vangelo.  
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martedì 8 maggio 2012

Commento a Giacomo

Giacomo 4:1 Da che cosa derivano le guerre e le liti che sono in mezzo a voi? Non vengono forse dalle vostre passioni che combattono nelle vostre membra?
Chi si trova nella speranza si trova nel mondo. Qui lavora per il regno attraverso azioni concrete che trasmettono il vangelo di Gesù. Si può fare ciò da soli ma più spesso si coopera in molti per lo stesso scopo. Le guerre e le liti minano la fiducia nel gruppo e fanno fallire il progetto. La causa sono gli istinti non domati che si attivano quando il credente ricomincia, dopo le prove della fede, a condurre una vita nel mondo.
Giacomo 4:2 Bramate e non riuscite a possedere e uccidete; invidiate e non riuscite ad ottenere, combattete e fate guerra! Non avete perché non chiedete;
Le passioni sono una brama, cioè un desiderio di possesso che si manifesta in un modo specifico, come desiderio frustrato che non riesce ad ottenere ciò che vuole. L’oggetto della brama per questo motivo è odiato e l’odio si spinge fino alla distruzione dell’oggetto o all’uccisione della persona. “Non chiedete” perché la richiesta sarebbe un atto di umiltà la quale è opposta al possesso. 
Giacomo 4:3 chiedete e non ottenete perché chiedete male, per spendere per i vostri piaceri.
Coloro poi che chiedono in base all’egoismo non conquistano la fiducia degli altri e soprattutto di Dio. Questo impedisce di aprire la strada verso la carità che non ha di mira il proprio interesse ma il dono gratuito di sé.
Giacomo 4:4 Gente infedele! Non sapete che amare il mondo è odiare Dio? Chi dunque vuole essere amico del mondo si rende nemico di Dio.
L’infedeltà deriva dalla perdita di una verità, in questo caso che “amare il mondo è odiare Dio”. Coloro che conoscono la verità e devono metterla in pratica, se trascurano ciò perdono sia i meriti dell’azione sia quelli della sapienza. In questo caso la via alla carità è chiusa perché la verità persa è una verità che si mette in pratica nella speranza, punto intermedio tra fede e carità. In secondo luogo perché all’interno della speranza il precetto “amare il mondo è odiare Dio” è il collegamento tra il mondo, il luogo della speranza e l’amore di Dio, l’amore di carità. Chi odia il mondo e ama Dio passa alla carità, chi fa il contrario si impantana nelle realtà mondane e non ascende.  
Giacomo 4:5 O forse pensate che la Scrittura dichiari invano: fino alla gelosia ci ama lo Spirito che egli ha fatto abitare in noi?
Questa gelosia è diversa dalla precedente perché non è gelosia carnale ma spirituale. Ciò vuol dire che non è alimentata dalla brama ma dall’amore di carità, in cui ognuno è immagine della seconda persona della Trinità. Il Padre mette lo Spirito nel credente perché questo nel battesimo e nella vita di grazia  è simile a Gesù. 
Giacomo 4:6 Ci dà anzi una grazia più grande; per questo dice: Dio resiste ai superbi; agli umili invece dà la sua grazia.
Una grazia più grande dei beni del mondo, la carità che contiene tutti i beni. I superbi sono coloro che mettono al primo posto i propri meriti, gli umili coloro che si riconosco più deboli degli altri. Gli umili si riconoscono più deboli di Dio e in nome di ciò ricevono tutto quello che per le proprie forze non potrebbero ottenere.  
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mercoledì 2 maggio 2012

Commento a Giacomo

Giacomo 3:13 Chi è saggio e accorto tra voi? Mostri con la buona condotta le sue opere ispirate a saggia mitezza.
La saggezza è il sapere derivato dall’esperienza. L’accortezza è l’attenzione ad avere, reperire o trattare dati. Entrambe sono intelligenze pratiche: la prima contiene un riferimento al tempo passato; la seconda al tempo futuro, perché l’accortezza è in previsione di un evento futuro. Queste due virtù sono raggiunte attraverso azioni concrete (opere) di carattere morale (di buona condotta) in cui la ragione formale sia la mitezza (l’assenza di ira) ottenuta tramite l’esperienza e l’esercizio (indicata dalla saggezza). Dunque l’uomo che raggiunge la mitezza raggiunge pure un’intelligenza pratica che abbraccia passato, presente e futuro. L’affermazione è illuminata dalla beatitudine “Beati i miti perché erediteranno la terra”. I miti, ottenuta la mitezza tramite le prove, ereditano la terra, vale a dire il complesso delle realtà terrene illuminate dalla luce di Dio. La terra poi corrisponde alle realtà temporali oggetto della saggezza e dell’accortezza, perché la temporalità è la condizione naturale del creato. Le prove delle beatitudini corrispondono alle “opere ispirate a saggia mitezza” che, se sono opere di Dio, sempre incontrano persecuzioni; “erediteranno” poi indica il carattere specifico delle prove. Si eredita come i figli, e il Figlio di Dio è Gesù, dunque ereditare la terra significa “ottenerla come ha fatto Gesù”. Dunque “la buona condotta” indica la condotta che ebbe Gesù, e quindi le prove che lui ha patito nel raggiungimento della mitezza. Dunque coloro che coltivano la mitezza tramite le persecuzioni che ha subito Gesù, raggiungono una virtù pratica di gestire tutte le cose, passate presenti o future.  
Giacomo 3:14 Ma se avete nel vostro cuore gelosia amara e spirito di contesa, non vantatevi e non mentite contro la verità.
Gelosia ed ira, passioni contrarie alle beatitudini, mettono in pericolo anche il raggiungimento della verità. Infatti anche se l’oggetto di fede è ortodosso non si è totalmente nella verità perché ci si crede giusti quando non lo si è. Un errore sullo stato di grazia del soggetto fa uscire il soggetto stesso dalla verità.
Giacomo 3:15 Non è questa la sapienza che viene dall'alto: è terrena, carnale, diabolica;
La vanità è detta terrena perché si oppone alla fede, celeste; è detta carnale perché si oppone alla speranza, di beni eterni; è detta diabolica perché si oppone alla carità, di cui i demoni sono privi.  
Giacomo 3:16 poiché dove c'è gelosia e spirito di contesa, c'è disordine e ogni sorta di cattive azioni.
Le cause della vanità sono la gelosia e l’ira. La prima perché denigrando l’avversario innalza se stessi. La seconda perché l’ira spinge allo scontro, questo al sopruso e quest’ultimo alla vanità della vittoria. Il disordine deriva in entrambi i casi dalla brama di possesso che chiude la strada alla carità, essendo questa dono gratuito secondo le parole “c’è più gioia nel dare che nel ricevere”.  
Giacomo 3:17 La sapienza che viene dall'alto invece è anzitutto pura; poi pacifica, mite, arrendevole, piena di misericordia e di buoni frutti, senza parzialità, senza ipocrisia.
La sapienza che viene da Dio (l’alto) è anzitutto pura perché nasce dalla fede e dalla sua purificazione. Poi è pacifica, mite, arrendevole, misericordiosa, che sono i buoni frutti di cui parla anche San Paolo ai Galati. Qui Paolo tratta gli stessi temi di Giacomo, ma svolgendo anche la parte relativa alla fede. Egli termina con l’elenco dei frutti dello spirito che sono “amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé”. Si ritrovano pace, mitezza, arrendevolezza (benevolenza) misericordia (amore e bontà), pazienza (dominio di sé), senza ipocrisia (fedeltà). 
Giacomo 3:18 Un frutto di giustizia viene seminato nella pace per coloro che fanno opera di pace.
È scritto: “Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio”. Giacomo ci dice che a coloro che compiono opere di pace, in queste stesse opere riceveranno il dono della giustizia. La beatitudine specifica che in queste opere si manifesterà la somiglianza con Cristo, il Figlio di Dio. Somiglianza che riassume la giustizia secondo le parole “Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo trattò da peccato in nostro favore, perché noi potessimo diventare per mezzo di lui giustizia di Dio”. Tommaso afferma che, come i frutti sono la parte ultima e migliore della pianta, così i frutti spirituali sono la parte ultima dell’ascesi, i fini di cui l’uomo deve godere. Quindi i frutti si otterranno alla fine della fase della speranza, come premio per la semina –effettuata nella fede- e per la cura della pianta –nella speranza-.  
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