sabato 31 dicembre 2011

Gv 1,1-18: Sacerdozio ed eucarestia

Dal Vangelo secondo Giovanni

In principio era il Verbo,
e il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.
Egli era, in principio, presso Dio:
tutto è stato fatto per mezzo di lui
e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.
In lui era la vita
e la vita era la luce degli uomini;
la luce splende nelle tenebre
e le tenebre non l’hanno vinta.
Venne un uomo mandato da Dio:
il suo nome era Giovanni.
Egli venne come testimone
per dare testimonianza alla luce,
perché tutti credessero per mezzo di lui.
Non era lui la luce,
ma doveva dare testimonianza alla luce.
Veniva nel mondo la luce vera,
quella che illumina ogni uomo.
Era nel mondo
e il mondo è stato fatto per mezzo di lui;
eppure il mondo non lo ha riconosciuto.
Venne fra i suoi,
e i suoi non lo hanno accolto.
A quanti però lo hanno accolto
ha dato potere di diventare figli di Dio:
a quelli che credono nel suo nome,
i quali, non da sangue
né da volere di carne
né da volere di uomo,
ma da Dio sono stati generati.
E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi;
e noi abbiamo contemplato la sua gloria,
gloria come del Figlio unigenito
che viene dal Padre,
pieno di grazia e di verità.
Giovanni gli dà testimonianza e proclama:
«Era di lui che io dissi:
Colui che viene dopo di me
è avanti a me,
perché era prima di me».
Dalla sua pienezza
noi tutti abbiamo ricevuto:
grazia su grazia.
Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè,
la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.
Dio, nessuno lo ha mai visto:
il Figlio unigenito, che è Dio
ed è nel seno del Padre,
è lui che lo ha rivelato.



L'Eucarestia è il sacramento in assoluto più importante perché Dio è presente concretamente in mezzo al suo popolo. Non un'orma, un segno o una presenza; non un rimando qualsiasi mala vera presenza reale di Dio su questa terra. Presenza reale e continua. L'Eucarestia dopo l'assunzione penetra nel corpo del fedele e lo trasforma da subito. L'essere del fedele è divinizzato (fin dove il suo stato di grazia lo permette) e una particella del suo corpo piena di Sangue di Cristo vale più dell'intero universo. 
L'Eucarestia e il sacerdozio stanno tra loro come causa ed effetto. Il sacerdote esiste per il sacrificio, il solo che può compierlo in maniera legittima davanti all'altare. Il sacrificio è il motivo più importante per giudicare i cristiani: il giudizio è tra coloro che ci credono e coloro che non ci credono. Da qui il rapporto tra le chiese. La validità del sacramento dell'Eucarestia è il criterio primo con cui si giudica l'ortodossia di una chiesa poiché in esso confluiscono tutti i dogmi della Trinità, dell'Incarnazione e della Chiesa. Anche il movimento ecumenico deve essere impostato con questa precedenza. L'unione deve essere sollecitata prima con le chiese che riconoscono questo sacrificio e poi con tutte le altre. Questo perché la religione vera è quella in cui è presente Dio. E questo si realizza nell'Eucarestia. La religione cattolica è vera per l'Eucarestia. Il creato è segno della presenza di Dio ma questo segno è disponibile a tutti. Così la preghiera e la virtù. La Parola di Dio è disponibile a tutti i cristiani. Ma è parola, non persona.La persona reale e concreta di Cristo è presente solo qui. Lì c'è Dio. E chi possiede Dio ha la vera religione. Un brigante ateo e violento che rubasse da una chiesa un ostensorio al cui interno vi fosse il Sacramento sarebbe nella vera religione (benché come peccatore) molto più di tutti gli studiosi che passano l'intera vita ad esaminare le Scritture. 
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giovedì 29 dicembre 2011

Commento a Giacomo

Giacomo 1:12 Beato l'uomo che sopporta la tentazione, perché una volta superata la prova riceverà la corona della vita che il Signore ha promesso a quelli che lo amano.
Le beatitudini sono il fine della speranza e si ottengono attraverso la pratica delle virtù. Questa proviene dalla sopportazione (paziente) del male e porta come premio una felicità interiore profonda. È la felicità di avere compiuto tutto il proprio dovere. La purificazione della fede riguarda l'anima del credente, l'azione della speranza la realtà esterna. Purificata dal male l'anima si riempie di bene attraverso il perseguimento di azioni nel mondo reale. L'anima riprende la sua vita dopo un periodo di morte nella fede dove le normali attività erano sospese per essere purificate. La vita nuova che l'anima comincia è la vita di fede nella speranza. Raggiunta la meta della speranza l'anima ha quindi raggiunto la meta della sua vita, che l'Apostolo chiama “corona della vita”. Essa è il punto più alto della vita di un uomo ed è la promessa che la speranza desidera. Essa viene data a coloro che amano il Signore perché coloro che lo amano sono coloro che mettono in pratica i suoi comandamenti. Questi devono essere messi in pratica non a parole ma con i fatti. “Corona della vita” indica anche la vita come premio degli sforzi nella fase della speranza, essendo la vita obiettivo della speranza come l'ascesi lo era nella fede.
Giacomo 1:13 Nessuno, quando è tentato, dica: «Sono tentato da Dio»; perché Dio non può essere tentato dal male e non tenta nessuno al male.
La tentazione è un'inclinazione al male. L'uomo debole nella prova cede al credere che Dio sia l'origine del male che sopporta. Ma Dio è purezza e nessuno può farlo peccare, quindi è impossibile che a sua volta inclini qualcuno d'altro al male. Inoltre Dio è sommo bene e non ama far peccare nessuno. Si rivela qui che chi pecca nella tappa della speranza tende a ritornare in quella della fede: chi non sopporta lo sforzo della tentazione ritorna a commettere l'errore di credere che Dio possa essere malvagio. Quindi chi ha raggiunto questa fase può retrocedere fino alla fase precedente, ma il recupero dello stato della speranza può comunque essere tanto rapido quanto la sua perdita.
Giacomo 1:14 Ciascuno piuttosto è tentato dalla propria concupiscenza che lo attrae e lo seduce;
Giacomo 1:15 poi la concupiscenza concepisce e genera il peccato, e il peccato, quand'è consumato, produce la morte.
Invero la brama di beni terreni attira l'intelletto su di sé, poi dà all'intelletto la disposizione adatta a produrre l'idea peccaminosa e quando questa è pronta e trasformata in azione: a questo punto la grazia è morta nell'anima del credente. È il processo contrario a quello che si ha nella pratica della virtù, dove la fede fa acquisire la verità e questa muove all'azione virtuosa.
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lunedì 26 dicembre 2011

Mt 10,17-22: Santo Stefano

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli:
«Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe; e sarete condotti davanti a governatori e re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani.
 Ma, quando vi consegneranno, non preoccupatevi di come o di che cosa direte, perché vi sarà dato in quell'ora ciò che dovrete dire: infatti non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi.
Il fratello farà morire il fratello e il padre il figlio, e i figli si alzeranno ad accusare i genitori e li uccideranno. Sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato».


L'imitazione di Gesù è l'imitazione dell'archetipo, del modello primo che realizza la vocazione di ogni uomo. Dopo Cristo ogni uomo deve agire come lui ed ancora prima essere come lui, inserirsi in una storia precisa, essere qui e ora in un'altra storia, quella di Cristo. Il cristiano è tolto dalla storia del mondo e inserito in quella di Cristo fino a farsi uguale a lui. Tutti i contrasti nascono dal fatto che ora il cristiano è un corpo estraneo alla storia, la quale tenta di espellerlo o perlomeno di isolarlo. L'imitazione di Cristo avviene gradualmente prima nella fede, poi nella speranza e infine nella carità. Ma per uscire dalla storia del mondo è necessario un salto qualitativo, non si può entrare nella storia di Cristo da soli ma è necessaria una porta (aperta da Dio) che permetta il passaggio da una storia ad un'altra. Questa è il battesimo. Il sacramento del battesimo è il rito che permette di inserirsi in una storia divina. Esso è voluto da Dio per far entrare gli uomini in Cristo e coincide con la morte dell'esistenza mondana di chi è battezzato. Nel battesimo l'uomo vecchio muore e nasce l'uomo cristiano, con regole proprie ed istituite da Cristo. Imprime all'uomo il carattere di Cristo, il carattere della passione di Cristo. Quindi è irreversibile come lo sono gli effetti della passione. Con il battesimo inizia la fase della fede, la fase in cui avviene la purificazione dai peccati attraverso la conoscenza di Dio. Così come l'uomo battezzato è perseguitato ed espulso dal mondo come un corpo estraneo, così con il battesimo tutto ciò che appartiene al mondo viene perseguitato ed espulso a sua volta. è una battaglia senza esclusione di colpi e soprattutto alla pari, nel senso che i due schieramenti hanno il diritto di combattersi e di vincere l'uno sull'altro. In questo sta l'onestà di Dio, nel non rinunciare alla lealtà della battaglia nello scontro con il peccato.
 Il peccato non ha posto in Cristo, deve essere sterminato.
Il martirio di Stefano si situa nella fase della carità. Dopo aver creduto e predicato, rende la sua testimonianza contro i giudei fino al dono della sua vita. Testimonianza è martirio. Cristo a chi resiste fino alla fine promette l'assistenza dello Spirito Santo. Questi è presente accanto a Stefano e gli ottiene la vittoria sui nemici.
"Questi è colui che è venuto con acqua e sangue, Gesù Cristo; non con acqua soltanto, ma con l'acqua e con il sangue. Ed è lo Spirito che rende testimonianza, perché lo Spirito è la verità. Poiché tre sono quelli che rendono testimonianza: lo Spirito, l'acqua e il sangue, e questi tre sono concordi."
L'acqua rappresenta la purificazione della fede, il sangue la vita della speranza e lo Spirito è il dono di Dio, la carità. La fede, la speranza e la carità si accumulano nel cuore del fedele e vengono liberati nell'ora del martirio a beneficio di tutti i credenti. Ciascuna virtù è una testimonianza perché per ciascuna sono necessari sforzi terribili e torture per ottenerle, esse sono concordi perché provengono da Dio e hanno come oggetto Dio secondo un rispetto specifico. è dunque per questo che Stefano aveva accanto a se lo Spirito: come testimonianza della carità che aveva raggiunto. La carità poi è vera se è slegata dall'affetto umano, l'affetto che lega i padri ai figli e le famiglie tra di loro, anzi tutti i legami tra gli uomini sono sciolti e vale solamente il legame d'amore verso Cristo. Ed è per questo che si vede così sovente nelle persecuzioni dei cristiani persecutori con idee ed interessi diversi unirsi in un unico schieramento contro i fedeli: perché il legame d'odio verso Gesù è il più forte di tutti ed è capace di unire uomini di ogni tipo e confessione. La "perseveranza fino alla fine" è quella del martirio, la carità viene dimostrata con il sacrificio della vita. Il sacrificio di se comincia nella fede, si perfeziona nella vita paziente e si completa nella carità. Si rinuncia alla verità del mondo per abbandonarsi alla fede, si rinuncia all'uso del mondo agendo sempre in favore del prossimo e di Dio e si rinuncia a tutto, anche al proprio corpo, nella carità. 
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venerdì 23 dicembre 2011

Lc 1,57-66: Benediceva Iddio

Dal Vangelo secondo Luca

In quei giorni, per Elisabetta si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio. I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva manifestato in lei la sua grande misericordia, e si rallegravano con lei.
Otto giorni dopo vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo con il nome di suo padre, Zaccarìa. Ma sua madre intervenne: «No, si chiamerà Giovanni». Le dissero: «Non c’è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome».
 Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse. Egli chiese una tavoletta e scrisse: «Giovanni è il suo nome». Tutti furono meravigliati. All'istante gli si aprì la bocca e gli si sciolse la lingua, e parlava benedicendo Dio.
Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose. Tutti coloro che le udivano, le custodivano in cuor loro, dicendo: «Che sarà mai questo bambino?». E davvero la mano del Signore era con lui.



Lo scisma tra Chiesa Cattolica e Chiesa Ortodossa deriva principalmente da due dottrine. 
Il primo riguarda il rapporto tra Figlio e Spirito Santo. Secondo i cattolici lo Spirito procede anche dal Figlio, per gli ortodossi no. Questi ritengono che la processione dello Spirito dal Figlio voglia dire che il Figlio causa lo Spirito quando la dottrina afferma che è il Padre che causa sia il Figlio che lo Spirito. Ma procedere non vuol dire causare, è più astratto (è quindi universale) e indica solamente movimento, a prescindere da ogni produzione. Si può muovere o essere mossi senza produrre o essere prodotti. I cattolici si innalzarono dal concetto di causa a quello di processione come guadagno metafisico, senza contare che causa per gli ortodossi sembra identificarsi con la causa efficiente.
Il secondo è il primato petrino. O meglio la sua attuazione. Gli uni hanno un solo Papa, gli altri un Patriarca per ogni nazione. Ma se il Papa cattolico è più dei Patriarchi allora è necessario che la sua vocazione sia legittima. Quando apparvero i primi monaci nessuno sapeva se la loro missione e i loro metodi provenivano da Dio o dal demonio. La santità dei primi monaci convisse tutti che quella vocazione era santa e proveniva da Dio. Allo stesso modo per sapere se la vocazione papale è legittima è necessario sapere se è possibile la santità nello stato papale. Se un Papa raggiunge la santità vuol dire che il suo ruolo è voluto da Dio, poiché non è possibile raggiungere la perfezione in un ruolo illegittimo. Se esistono Papi santi dopo lo scisma vuol dire che la figura del Papa è voluta da Dio e da esso protetta.
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Commento a Giacomo

Giacomo 1:5 Se qualcuno di voi manca di sapienza, la domandi a Dio, che dona a tutti generosamente e senza rinfacciare, e gli sarà data.
La sapienza è necessaria per raggiungere la speranza. Dalla sapienza nasce il diritto e dal diritto la legge. Il patire a causa della legge genera la pazienza di cui parla l'Apostolo. L'uomo che ricerca la speranza è a contatto con le realtà del mondo che sono sempre misurate e acquistate con molta fatica. Dio al contrario dona generosamente e con larga misura.  “Senza rinfacciare” invece fa riferimento alla sapienza che l'uomo dovrebbe già possedere dai tempi della fede. Se qualcuno però non ne ha abbastanza o la perduta Dio la infonde ancora gratuitamente.
Giacomo 1:6 La domandi però con fede, senza esitare, perché chi esita somiglia all'onda del mare mossa e agitata dal vento;
Giacomo 1:7 e non pensi di ricevere qualcosa dal Signore
Giacomo 1:8 un uomo che ha l'animo oscillante e instabile in tutte le sue azioni.
La sapienza si acquista nel primo dei tre periodi, quello in cui deve essere coltivata soprattutto la fede e nel quale avviene la prima purificazione. La richiesta della sapienza va accompagnata quindi dalla virtù che la presuppone. La sapienza si colloca nel contesto dell'azione che è quello proprio della speranza poiché essa ora ha a che fare con l'ottenimento di beni esterni al soggetto. Non si spera in sé o in Dio, si spera in un evento, che consiste in un ottenimento di un bene .
Dunque la speranza mira ad ottenere un bene da Dio e per ottenerlo è necessario riconoscere che solo lui può donarlo e che lo farà sicuramente.
Giacomo 1:9 Il fratello di umili condizioni si rallegri della sua elevazione
Giacomo 1:10 e il ricco della sua umiliazione, perché passerà come fiore d'erba.
Giacomo 1:11 Si leva il sole col suo ardore e fa seccare l'erba e il suo fiore cade, e la bellezza del suo aspetto svanisce. Così anche il ricco appassirà nelle sue imprese.
Qui l'Apostolo passa a trattare del pericolo maggiore nella fase della speranza: le ricchezze. Sono il pericolo maggiore perché la speranza è speranza dei beni eterni e non di quelli passeggeri. Ciò vuol dire che i poveri che non hanno beni terreni sono elevati nella loro condizione perché scelta da Cristo stesso, al contrario dei ricchi le cui ricchezze davanti all'eternità durano quanto un filo d'erba.  Il sole è Cristo che secca coloro che pongono il fine delle loro azioni nei beni materiali.


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venerdì 16 dicembre 2011

Commento a Giacomo

Giacomo 1:2 Considerate perfetta letizia, miei fratelli, quando subite ogni sorta di prove,
Il fine della speranza è la beatitudine e la beatitudine è essenzialmente un tipo di felicità, essa è raggiunta - come insegnano le beatitudini evangeliche- attraverso la sopportazione.
Giacomo 1:3 sapendo che la prova della vostra fede produce la pazienza.
Queste prove rafforzano la pazienza e questa -come afferma Paolo- genera la virtù. La prova è della fede perché chi ha patito per eliminare il peccato dal suo cuore ora patisce per portare la purezza ottenuta nel mondo: è la fede che dal cuore del credente procede verso l'esterno.
Giacomo 1:4 E la pazienza completi l'opera sua in voi, perché siate perfetti e integri, senza mancare di nulla.
L'opera della pazienza è l'integrità e la perfezione. L'integrità fa riferimento all'interezza della purificazione (sia in quello che si pensa sia in quello che si fa), la perfezione al fatto che al cristiano non manca più niente per essere perfetto come persona. La persona si definisce perfetta quando sono perfette intelletto e volontà che la costituiscono. L'intelletto è perfetto perché ha raggiunto la verità, la volontà perché allenata al massimo nello sforzo della fede. Inoltre la persona che ha raggiunto la speranza è perfetta perché il lavoro d'ascesi che in lei si poteva fare è compiuto, ha tolto tutto il peccato e si è riempita di Dio attraverso l'azione. L'unica cosa che può fare ora è il sacrificio di sé a Dio, che si compirà nella fase della carità.
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lunedì 12 dicembre 2011

Commento a Giacomo

Giacomo 1:1 Giacomo, servo di Dio e del Signore Gesù Cristo, alle dodici tribù disperse nel mondo, salute.
Giacomo è servo di Dio e di Gesù perché ha servito Dio nella fede e serve il Figlio di Dio nella speranza, si rivolge a tutte (le dodici) tribù disperse nel mondo, vale a dire a coloro che hanno coltivato la fede ( i tribali sono coloro che vivono in una famiglia allargata, separati da tutti gli altri perché hanno un'origine comune, un unico padre; e questi è il Dio della fede, che forma in Abramo una famiglia nuova nella fede) e si trovano ora, dopo aver cercato e trovato la verità, a metterla in pratica nel mondo reale; disperse, perché la fede che li ha separati dal mondo non li ha ancora riunite in un unico paradiso.  Infine indica lo scopo dello scritto: la salvezza (salute). La fede già aveva donato la salvezza (la fede -come dice S. Paolo- è il requisito minimo ma sufficiente per la salvezza) nel senso di una purificazione dalle colpe commesse, la speranza dona la salvezza relativa alle dinamiche della vita di fede, vale a dire la libertà dalla pena (che si ottiene solo con l'azione buona) e la purezza da quei peccati che si oppongono all'azione (come ad esempio l'accidia).

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martedì 6 dicembre 2011

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Commento al Vangelo
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Lc 18,1-8: San Giosafat

13/11/2011 1.11.27
Commento_al_Vangelo
Dal Vangelo secondo Luca In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai: «In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”. Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”». E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?». Si dibatte sul metodo storico-critico e l'interpretazione scientifica della Scrittura. Si dibatte inoltre sul valore pedagogico delle scienze umane nell'educazione dei ragazzi e in generale nella pastorale dei cristiani. Si tende ad affermare il carattere indispensabile delle scienze a tutti i livelli della religione e si fa fatica ad indicare il carattere specifico della Rivelazione in relazione a queste ultime. Di fatto dove si utilizzano le scienze (umane o non) lo specifico religioso tende ad essere messo sullo sfondo a vantaggio di una sperimentazione sul campo. Il cristiano non riesce a conciliare scientifico e religioso visti questi come mondi diversi e non comunicanti. La ragione scientifica sembra irriducibile ad amalgamarsi con i dogmi della Chiesa così come questi sembrano dissolversi al contatto con la scienza. Sovente o si relativizza il dato religioso ("le teorie scientifiche sono sempre rivedibili, la scienza in futuro confermerà il dato religioso") oppure si pone il religioso all'apice dello scientifico ("il bambino passa dalla fase egocentrica a quella legalistica, da qui alla fase sociale e a quella morale per poi giungere allo stadio religioso). Nella prima ipotesi si perde la verità della scienza, nella seconda la specificità della religione. In aiuto a questa situazione viene la distinzione tra natura e grazia. Tutto quello che la scienza trova appartiene alla natura. La scienza è un sapere progressivo delle condizioni naturali dell'essere. Ciò che trova è rivedibile ma non erroneo, poiché al momento dell'allargamento della teoria le scoperte precedenti non vengono cancellate ma solo relativizzate, diventano un caso particolare della teoria successiva. Dunque la scienza -se non si nutre di dati falsi e se non incappa in errori logici- è vera di una verità certa e affidabile. Il dogma al contrario tratta di ciò che è superiore alla natura ed è donato all'uomo per grazia. La religione non è un dato naturale né una teoria scientifica, essa si nutre della volontà e della verità di Dio che sono amore. La religione è sempre superiore alla scienza mondana per origine (la mente divina e quella umana) e per forma (le forme mutabili della natura e la natura immutabile di Dio). Scienza e rivelazione differiscono per le condizioni trascendentali in cui si esercitano: la scienza fa sempre riferimento ad uno spazio e ad un tempo determinato (lo spazio euclideo nello svolgersi del tempo), la religione si esercita senza alcun limite di spazio e tempo (l'amore in Dio si proietta nell'infinito della sostanza divina, l'anima umana è creata fuori dal tempo mondano). Tuttavia sembra che la scienza trascini la religione nel tempo e nello spazio e attraverso l'indagine sulla presenza di Dio nella storia la confuti. Gli ebrei non sono mai passati nel Mar Rosso (non ci sono ritrovamenti), il regno di Saul non viene citato da nessuna fonte contemporanea, San Paolo non ha scritto la lettera agli Ebrei. Il ruolo della donna nella Scrittura è sessista, la pedagogia vetero testamentaria è sbagliata, la totale assenza di atti impuri nel fanciullo è patologica. Dove è possibile indagine scientifica spesso la religione è sconfitta. Inutile dire che la scienza ha un oggetto mondano e la religione un oggetto extramondano con regole diverse, perché l'incarnazione ha messo scienza e religione nello stesso luogo ad agire nel medesimo ambito del reale. La grazia perfeziona la natura ma non si capisce come. Entrambe sono create da Dio ma il loro accordo funziona come condizione di possibilità di un influenza reciproca, ma non ne illumina in profondità il motivo. Come possiamo accettare contemporaneamente una spiegazione scientifica e una dogmatica riguardo al fatto religioso? Come possiamo seguire la morale biblica assieme alla pedagogia moderna? Il cristiano sa che il vangelo è la cosa più importante e sorpassa ogni spiegazione mondana. Il credente si affida per fede al messaggio di Gesù e lo segue in vista della salvezza eterna. Ciò avviene sia per quanto riguarda la ricerca storica che per quanto riguarda l'impegno morale. La verità fondamentale e la verità pratica del cristianesimo sono più importanti di qualunque verità mondana. Tra la verità del mondo e quella del vangelo il cristiano sceglie la seconda. Questo perché la terra passa e la parola di Gesù resta. Tra la scienza moderna e la fede vince la fede. Quando Dio ha rivelato la sua parola ha già tenuto conto di tutte le verità terresti o mondane, nella parola di Dio è già risolto tutto il mondo terreno. La parola "non fornicate" tiene conto sin dalla sua enunciazione di tutte le condizioni e gli eventi che questa parola avrebbe potuto e dovuto regolare. La persona che mette in pratica il "non fornicate" ha il potere di affrontare tutte le situazioni e i meccanismi in cui è coinvolto. Ogni puntualità o gradualità è gestita dalla forza di questa parola nel credente. Il precetto tiene già conto di tutte le possibili caratteristiche fisiche e fisiologiche, situazioni, eventi, probabilità, leggi e regole in ogni luogo e in ogni tempo. La parola di Dio è universale non solo rispetto al tempo e allo spazio, ma anche al possibile, nel senso che ogni possibilità è già stata prevista e organizzata nella parola stessa. Consentire atti impuri ad un ragazzo in nome della salute psichica significa misconoscere il potere insito nella parola di Dio e l'assoluta perfezione storico formale della stessa. La parola di Dio è viva perché tutta la vita è virtualmente contenuta in essa. Affidarsi alla parola di Dio significa propriamente riconoscergli un potere derivante dalla sua origine divina. Si capiscono a questo punto due cose. La prima: l'ideale evangelico è ultimo e definitivo, tutte le teorie scientifiche gli sono subordinate in qualità ed efficienza. Secondo: lo iato tra una teoria scientifica ed il vangelo può essere colmato solamente mettendo in pratica quest'ultimo. Il primo punto si spiega con la divinità del vangelo e con il fatto che una teoria scientifica, regolando il naturale, può al massimo predisporre le condizioni affinché il vangelo si semini, ma mai generarlo (predicazione del Battista). Anche se una prepara all'altro tra natura e grazia c'è discontinuità. Il secondo punto illumina il meccanismo attraverso cui la grazia sussume la natura. La grazia può sussumere la natura sia attraverso la legge naturale sia attraverso la sua negazione. Un credente che si è affidato al vangelo può utilizzare una verità mondana per risolvere un problema religioso ma può anche rifiutare questa stessa verità in nome del vangelo. Mettiamo che un ragazzo psichicamente represso abbia la necessità di compiere atti impuri per uscire dalla usa condizione. Se esso lo fa giustificherà il suo gesto attraverso la teoria psicologica e ne avrà i benefici che la teoria psicologica gli riserva. Se però in nome del vangelo non compie questi atti attraverso gli strumenti che la Chiesa mette lui a disposizione -preghiere, sacramenti ecc- riuscirà a vincere il suo male anche se lo strumento utilizzato non è lo strumento scientifico più appropriato. Il ragazzo non solo vincerà il suo male ma avrà anche un merito di fronte a Dio secondo le parole "cercate il regno e tutto il resto vi sarà dato in aggiunta". E questo perché la parola di Dio è perfetta, cioè raggiunge il suo scopo a prescindere da qualunque condizione incontra. Va da se che la rivelazione è articolata e le parole tra cui scegliere sono molte: a chi ha fame non si può dire "andate a predicare ad ogni nazione". Questo non vale solo per le verità scientifiche pratiche. Anche la ricerca storico critica deve essere letta in questa chiave. Allo stesso modo in cui per le verità religiose pratiche ci chiediamo "funzionano?" così per la storia sacra ci chiediamo "è successo davvero?". Mosé ha veramente passato il Mar Rosso? E poi ciò significa: Mosé ha materialmente passato insieme agli ebrei sotto tal faraone il Mar Rosso ed essi vedevano con i loro occhi la colonna di fuoco nel deserto? Tale colonna è esistita veramente? La risposta non può essere che sì. Ciò è successo. Ed è successo perché la parola di Dio non può mentire, quindi quei fatti sono accaduti. Sul come poi la scienza ci può dare delle delucidazioni. Ma esse rispetteranno sempre il fatto bruto dell'avvenimento di quegli eventi. è una lettura materialista? Come affermare che i personaggi dei Salmi o del Cantico sono davvero esistiti? No, perché qui si parla dei libri storici e solo di quelli. I libri storici dell'Antico Testamento, i Vangeli, gli Atti e le parti storiche delle Lettere. Per fede i cristiani credono a dei fatti -il primo dei quali è la risurrezione di Gesù- anche se non ci sono prove scientifiche o le prove vanno conto le testimonianze evangeliche. Troppa santità e troppa grazia sono nate da quegli eventi per non essere veri. Quei fatti sono generatori di vera santità - vista con i nostri occhi- e ciò è la prova di fede della loro autenticità. Solo una causa vera genera un effetto vero, se Gesù non fosse risorto la nostra fede sarebbe vana perché quel fatto non avrebbe la forza di produrre conseguenze. Un ultima cosa. Il Vangelo è un punto di vista più riassuntivo della scienza. Poiché la scienza ci dice come è il mondo, il Vangelo ci dice come è Dio, come è il mondo e cosa succede quando i due si incontrano. La scienza non ha il punto di vista del miracolo, ma il Vangelo ha il punto di vista della scienza, del potere, degli interessi, dei meccanismo del mondo. Studiare la religione con lo sguardo del mondo ha poco senso. Come minimo non si rispetta l'oggetto specifico. Meglio per la scienza non studiare il Vangelo oppure limitarsi all'erudizione. Le parabola non sono né leggi universali né interessi particolari, sono carità e questa si capisce solo attraverso la carità. La carità è libera dalle leggi poiché le segue o le rifiuta a seconda che siano o no la strada che Dio ha tracciato per essa. Le leggi soggiacciono alla carità come il giudice della parabola soggiace alla vedova: non perché le leggi temano Dio (cambino seconda il Suo volere) o perché la carità si sostituisca alle leggi (la vedova abbia più autorità del giudice) ma perché "il creato geme le doglie del parto" ed esso desidera solo liberarsi da questo dolore. Qui ritorna l'origine comune del mondo e della grazia, senza contatti né rapporti eppure entrambi con un dolore da guarire e per questo agenti insieme in vista della comune eppure personale giustizia. La carità importuna la natura perché vuole giustizia contro il suo avversario (l'odio) ma questa giustizia è diversa da quella del giudice -la giustizia del mondo, della scienza, dell'interesse-. La carità convincendo il giudice piega le leggi della natura per i suoi fini e nello stesso momento realizza anche quelli della natura. Infatti l'ingiustizia attorno ai due protagonisti è il peccato e questo tormenta entrambi: direttamente la carità e indirettamente la natura. Ora se la natura fa giustizia alla carità piegandosi ai suoi voleri, quanto più lo farà Dio che è somma carità? Quindi non diamo troppa importanza alla scienza."Conosco solo Cristo e Cristo crocefisso", perché in lui c'è tutta la preoccupazione della vedova e tutta la preoccupazione del giudice iniquo. Tuttavia la carità proviene dalla fede e dalla speranza, e la domanda di Gesù lo ribadisce: "Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?". Le leggi del mondo sono vinte dalla carità, e questa è sostenuta dalla speranza in nome della fede. La vedova crede nella giustezza del suo risarcimento (nella verità dei fatti della Scrittura) e sostiene la sua speranza accanitamente non lasciando tregua al giudice (pregando incessantemente). Solo in questo modo la carità vince sul mondo e la religione trionfa. Credendo al dogma e affidandosi al mistero, pregando in nome di esso il Dio di ogni Misericordia: Così si è ricordato della sua parola santa, data ad Abramo suo servo. Ha fatto uscire il suo popolo con esultanza, i suoi eletti con canti di gioia.


Lc 9,43-45: l'istituzione dell'Eucarestia

24/09/2011 23.48.14
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Dal Vangelo secondo Luca In quel giorno, mentre tutti erano ammirati di tutte le cose che faceva, Gesù disse ai suoi discepoli: «Mettetevi bene in mente queste parole: il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini». Essi però non capivano queste parole: restavano per loro così misteriose che non ne coglievano il senso, e avevano timore di interrogarlo su questo argomento. Gesù qui si riferisce alla sua passione, ma si riferisce anche all'istituzione dell'Eucarestia. Il suo corpo e il suo sangue nelle mani dei suoi discepoli durante l'ultima cena, il suo corpo e il suo sangue nelle mani dei suoi ministri che lo distribuiranno ai fedeli.

Cuore Immacolato di Maria

08/09/2011 0.45.46
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La devozioni appartengono ad una fase tipicamente iniziale della vita cristiana. Consistono in preghiere prestabilite che il fedele ripete secondo tempi e modi fissi e che portano ad ottenere determinate grazie. Possono contenere delle meditazioni sulla vita di Cristo o su passi della Bibbia. Si situano all' inizio del percorso cristiano perché il fedele, essendo ancora vuoto interiormente, non riesce ad esprimere qualcosa di spirituale e deve affidarsi al solo significato letterale della preghiera. Rappresentano infatti un metodo chiaro di ottenere delle grazie senza che si richieda un apporto personale che in questa fase risulterebbe improprio. Infatti una "personalità" religiosa non si è ancora formata, non si ha lavorato su di sé a tal punto da avere un parlare o un agire impastato di vangelo. La personalità coincide ancora con l'insieme delle caratteristiche caratteriali mondane, l'insieme di (qualche) abilità e (molte) tare che ci denota prima di essere familiari al vangelo. Un periodo devozionale è necessario a tutti: le devozioni allenano le capacità di concentrazione, volontà e preghiera necessarie al cristiano. E poi permetteno l'acquisione di grazie speciali legate a speciali promesse fatte dal Signore. Questo è il motivo perché le devozioni attirano così tanto: la prospettiva di ottenere grandi grazie mediante una pratica accessibile a tutti. La promessa legata alla pratica dei Nove venerdì del Sacro Cuore recita: "A tutti quelli che, per nove mesi consecutivi, si comunicheranno al primo venerdì d'ogni mese, io prometto la grazia della perseveranza finale: essi non morranno in mia disgrazia, ma riceveranno i Santi Sacramenti (se necessari) ed il mio Cuore sarà loro sicuro asilo in quel momento estremo." Grande promessa: la salvezza eterna per mezzo di nove messe in nove mesi! Questo perché le devozioni non sono soltanto preghiere un po' meccaniche ma vincoli di grazia derivanti dal sacrificio di Cristo e dei suoi servi fedeli (in questo caso Santa Margherita): si fondano sulla morte di qualcuno. Il sacrificio compiuto è reso disponibile a tutti attraverso una preghiera la quale contiene il senso spirituale delle sofferenze che Cristo e coloro che hanno sofferto con Lui per rendere la devozione possibile hanno patito. Questo permette la trasformazione del fedele a immagine di Cristo. Le devozioni hanno quindi un così grande potere di grazia perché sono già impregnate del sangue dei santi a cui sono state donate e il fedele deve solamente recitarle affinché ne riceva le grazie. Sono come campi già preparati e irrigati: bisogna solo aspettare che la pianta cresca e poi raccoglierne il frutto. Oggi la devozione che vi presento è quella al Cuore Immacolato di Maria , rivelata dalla Madonna a Fatima nel 1917. La Madonna apparendo a Fatima il 13 giugno 1917, tra l’altro, disse a Lucia: “Gesu’ vuole servirsi di te per farmi conoscere e amare. Egli vuole stabilire nel mondo la devozione al mio Cuore Immacolato”. Poi, in quella apparizione, fece vedere ai tre veggenti il suo Cuore coronato di spine: il Cuore Immacolato della Mamma amareggiato per i peccati dei figli e per la loro dannazione eterna! Lucia racconta: “Il 10 dicembre 1925 mi apparve in camera la Vergine Santissima e al suo fianco un Bambino, come sospeso su una nube. La Madonna gli teneva la mano sulle spalle e, contemporaneamente, nell’altra mano reggeva un Cuore circondato di spine. In quel momento il Bambino disse: “Abbi compassione del Cuore della Tua Madre Santissima avvolto nelle spine che gli uomini ingrati gli configgono continuamente, mentre non v’è chi faccia atti di riparazione per strapparglieLe”. E subito la Vergine Santissima aggiunse: “Guarda, figlia mia, il mio Cuore circondato di spine che gli uomini ingrati infliggono continuamente con bestemmie e ingratitudini. Consolami almeno tu e fa sapere questo: A tutti coloro che per cinque mesi, al primo sabato, si confesseranno, riceveranno la santa Comunione, reciteranno il Rosario e mi faranno compagnia per quindici minuti meditando i Misteri, con l’intenzione di offrirmi riparazioni, prometto di assisterli nell’ora della morte con tutte le grazie necessarie alla salvezza ”. E’ questa la grande Promessa del Cuore di Maria che si affianca a quella del Cuore di Gesù. Per ottenere la promessa del Cuore di Maria si richiedono le seguenti condizioni: 1 – Confessione, fatta entro gli otto giorni precedenti, con l’intenzione di riparare le offese fatte al Cuore Immacolato di Maria. Se uno nella confessione si dimentica di fare tale intenzione, può formularla nella confessione seguente. 2 – Comunione, fatta in grazia di Dio con la stessa intenzione della confessione. 3 – La Comunione deve essere fatta nel primo sabato del mese. 4 – La Confessione e la Comunione devono ripetersi per cinque mesi consecutivi, senza interruzione, altrimenti si deve ricominciare da capo. 5 – Recitare la corona del Rosario, almeno la terza parte, con la stessa intenzione della confessione. 6 – Meditazione, per un quarto d’ora fare compagnia alla SS.ma Vergine meditando sui misteri del Rosario. Un confessore di Lucia le chiese il perché del numero cinque. Lei lo chiese a Gesù, il quale le rispose: “Si tratta di riparare le cinque offese dirette al Cuore Immacolato di Maria. 1– Le bestemmie contro la sua Immacolata Concezione. 2 – Contro la sua Verginità. 3– Contro la sua Maternità divina e il rifiuto di riconoscerla come Madre degli uomini. 4– L’opera di coloro che pubblicamente infondono nel cuore dei piccoli l’indifferenza, il disprezzo e perfino l’odio contro questa Madre Immacolata. 5 – L’opera di coloro che la offendono direttamente nelle sue immagini sacre. Devozione semplice e bellissima come il cuore di Maria, cuore in cui sono poste tutte le grazie del paradiso. Per chi vuole iniziare un percorso di fede si tratta di una devozione facile che può essere la chiave di volta di una vita intera.

Mt 9,18-26: Gesù abita e cura la natura umana.

08/09/2011 0.45.06
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Dal Vangelo secondo Matteo In quel tempo, [mentre Gesù parlava,] giunse uno dei capi, gli si prostrò dinanzi e disse: «Mia figlia è morta proprio ora; ma vieni, imponi la tua mano su di lei ed ella vivrà». Gesù si alzò e lo seguì con i suoi discepoli. Ed ecco, una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni, gli si avvicinò alle spalle e toccò il lembo del suo mantello. Diceva infatti tra sé: «Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò salvata». Gesù si voltò, la vide e disse: «Coraggio, figlia, la tua fede ti ha salvata». E da quell’istante la donna fu salvata. Arrivato poi nella casa del capo e veduti i flautisti e la folla in agitazione, Gesù disse: «Andate via! La fanciulla infatti non è morta, ma dorme». E lo deridevano. Ma dopo che la folla fu cacciata via, egli entrò, le prese la mano e la fanciulla si alzò. E questa notizia si diffuse in tutta quella regione. Interessante come non si consideri solo la natura come casa nostra ma come una vera e propria madre che ci genera e ci accudisce. "Madre Natura" è il nome che si da alla natura in quanto grembo da cui nascono tutte le vite vegetali, animali e anche umane. Vi si vede nella natura una finalità intrinseca, un accordo tra tutti gli esseri viventi che farebbe supporre l'esistenza di un organismo superiore - Madre Natura- che li ingloba tutti. Come il corpo umano è formato da cellule che lavorano ad un unico scopo -il benessere della persona- così ogni pianta, animale ed essere umano sarebbe una cellula di questo organismo chiamato Madre Natura. L'armonia dell'ecosistema e l'equilibrio degli ambienti naturali sarebbero la prova di questo. Ma come cambierebbe questa teoria se si scoprissero ambienti naturali estranei a quelli terrestri? E se questi ecosistemi avessero una finalità intrinseca distinta dalla nostra, vale a dire se avessero una tendenza a preservarsi ma fossero ostili ad habitat diversi? Se scoprissimo l'esistenza di altre "Madri Natura" che a buon diritto difendono i loro di figli e non quelli delle altre madri? Dicono che i dinosauri fossero verdi. In ogni libro o illustrazione i dinosauri appaiono irrimediabilmente di pelle verdastra, simile a quella dei rettili attuali. Eppure nessuno ha mai ritrovato pelle di dinosauro. Si decompone subito e non si conserva, anche il calco fossile se ne conserva l'impronta non ne conserva il colore. Secondo me i dinosauri non erano assolutamente verdi. O meglio, lo erano quelli piccoli. Infatti essere verde serve a nascondersi nell'erba (verde, perché già nella savana le cose cambiano) e solo gli animali più bassi di un metro lo sono. L'erba è una casa per gli animali piccoli (o bassi come il coccodrillo) ma per quelli grossi l'erba non ha nessuna funzione mimetica. I cinque animali terresti più grossi sono grigi (elefante, rinoceronte, bufalo, ippopotamo) o a macchie mimetiche (giraffa). La natura porta l'orso ad avere pelliccia bruno/marrone e leoni, leopardi, tigri ecc hanno tutti pellicce giallo/mimetiche perché negli agguati si nascondono nell'erba secca della savana . Cosa dire? Penso che i dinosauri piccoli potessero essere verdi, quelli grossi grigio/bruno (per nascondersi maggiormente di notte) e quelli veloci avessero colori utili per nascondersi se predatori (come i leopardi) o confondere se prede (come le zebre). Gli angeli si dividono in nove cori a seconda della vicinanza che hanno al loro Creatore. I più vicini sono I Serafini, poi i Cherubini, Troni, le Virtù e le Dominazioni. Seguono i Principati, Potestà, Arcangeli e infine Angeli. Ogni angelo appartiene al suo coro in base alla sua natura, cioè a quanto amore di Dio può corrispondere con le sue facoltà naturali. Ma la natura non basta per assegnare una casa ad ogni angelo dal momento che si notano considerevoli eccezioni: gli Arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele pur essendo arcangeli sono ai vertici delle schiere angeliche. Non solo la natura quindi ma anche la grazia avvicina gli angeli a Dio. Per grazia i tre arcangeli, che avrebbero dovuto occupare quasi l'ultimo posto sono portati ai primi posti a condividere lo stesso amore che innonda Serafini e Cherubini.

Mt 10,1-7: gli Apostoli

08/09/2011 0.44.39
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Dal Vangelo secondo Matteo In quel tempo, chiamati a sé i suoi dodici discepoli, Gesù diede loro potere sugli spiriti impuri per scacciarli e guarire ogni malattia e ogni infermità. I nomi dei dodici apostoli sono: primo, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello; Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello; Filippo e Bartolomeo; Tommaso e Matteo il pubblicano; Giacomo, figlio di Alfeo, e Taddeo; Simone il Cananeo e Giuda l’Iscariota, colui che poi lo tradì. Questi sono i Dodici che Gesù inviò, ordinando loro: «Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani; rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d’Israele. Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino». Si confutano allora i versetti che i protestanti propongono per difendere la loro tesi. Predicazione e cura degli altri sono inseparabili per Gesù: l'esempio e la parola devono andare sempre uniti. Predicare contro il protestantesimo ad esempio dovrebbe iniziare dal confutare i loro argomenti, primo dei quali è il Sola Scriptura, la Bibbia come unica fonte della rivelazione. Il Sola Scriptura non si trova nella Scrittura e tutti i versetti che si usano per sostenere questa tesi sono erronei. "Sappiate prima di tutto questo: che nessuna profezia della Scrittura proviene da un'interpretazione personale; infatti nessuna profezia venne mai dalla volontà dell'uomo, ma degli uomini hanno parlato da parte di Dio, perché sospinti dallo Spirito Santo" (2 Pietro 1:20-21). Il che vuol solo dire che la Scrittura è ispirata, cosa che i cattolici ammettono benissimo. "Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona" (2 Timoteo 3:16-17). Ma l'apostolo è ben lontano da escludere altre fonti della Rivelazione: che la Srcittura sia buona non vuol dire che altre fonti siano escluse. "Avendo tralasciato il comandamento di Dio vi attenete alla tradizione degli uomini. ... Come sapete bene annullare il comandamento di Dio per osservare la tradizione vostra!". (Marco 7:8,9) Che non si debbano aggiungere tradizione umane a quelle divine è fuori discussione, che queste ultime siano tutte contenute nella Bibbia è tutto da vedere. Non praticare al di là di ciò che è scritto (1 Corinzi 4:6), "Io lo dichiaro a ognuno che ode le parole della profezia di questo libro: Se alcuno vi aggiunge qualcosa, Dio aggiungerà ai suoi mali le piaghe descritte in questo libro; e se alcuno toglie qualcosa dalle parole del libro di questa profezia, Iddio gli torrà la sua parte dell'albero della vita e della città santa, delle cose scritte in questo libro" (Apocalisse 22:18-19). Questi testi- che sembrano escludere altre fonti della rivelazione- devono essere riferiti al contesto in cui si trovano: Paolo parla dei rapporti tra apostoli e fedeli (citando forse un proverbio) mentre l'Apocalisse si riferisce alle parole profetiche contenute al suo interno. "Non di pane soltanto vivrà l'uomo, ma di ogni parola che proviene dalla bocca di Dio" Dove sarebbe contenuto il Sola Scriptura qui? Perché mai le parole di cui parla Gesù sarebbero solo quelle contenute nella Bibbia? I protestanti accusano: Dove sarebbe scritto che la Scrittura e la Tradizione insieme sono le due fonti della Rivelazione? Non possiamo che rispondere con l'Apostolo Giovanni "noi siamo testimoni oculari" e con il Salmista "abbiamo visto cose meravigliose". Noi non troviamo la tradizione scritta da qualche parte siamo noi stessi a essere testimoni della grazia che agisce. Io non trovo scritto da qualche parte che San Francesco è santo, lo vedo con i miei occhi, gli occhi della fede. La grazia che scorre durante una confessione si fa riconosce dai frutti abbondati che dona, pace serenità perdono e fede. Se San Domenico libera una donna da un demonio questo non può essere un segno diabolico solo perché Domenico nella Bibbia non c'è. C'è in ogni pagina della Bibbia, ma bisogna riconoscerlo. Ma a tutta questa predicazione Gesù vuole che aggiungiamo la carità. Non solo predicare, ma essere puri. La carità -scacciare i demoni e guarire- è il mezzo e il fine del vengelo, precede e segue sempre la predicazione. la carità è l'acqua che irriga il terreno e fa germogliare il seme. Solo in questo modo la predicazione è efficace. Accompagnata dall'esempio. Solo in questo modo la predicazione è perfetta, perché comincia dal cuore e termina alle parole.

Mt 13,24-43: La mietitura

08/09/2011 0.43.50
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Dal Vangelo secondo Matteo In quel tempo, Gesù espose alla folla un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi lo stelo crebbe e fece frutto, spuntò anche la zizzania. Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: “Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene la zizzania?”. Ed egli rispose loro: “Un nemico ha fatto questo!”. E i servi gli dissero: “Vuoi che andiamo a raccoglierla?”. “No, rispose, perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponètelo nel mio granaio”». Espose loro un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un granello di senape, che un uomo prese e seminò nel suo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande delle altre piante dell’orto e diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono a fare il nido fra i suoi rami». Disse loro un’altra parabola: «Il regno dei cieli è simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata». Tutte queste cose Gesù disse alle folle con parabole e non parlava ad esse se non con parabole, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta: «Aprirò la mia bocca con parabole, proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo». Poi congedò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si avvicinarono per dirgli: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo». Ed egli rispose: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell’uomo. Il campo è il mondo e il seme buono sono i figli del Regno. La zizzania sono i figli del Maligno e il nemico che l’ha seminata è il diavolo. La mietitura è la fine del mondo e i mietitori sono gli angeli. Come dunque si raccoglie la zizzania e la si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti quelli che commettono iniquità e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, ascolti!». Ogni credente sincero compie un percorso che lo porta ad acquisire la fede, la speranza e la carità. Questo percorso ha insieme una successione obbligata delle tappe e una certa libertà nell'affrontare le stesse. Prima delle tre virtù è la fede che purifica dalle false opinioni, seconda è la speranza che guida verso l'azione e ultima e più difficile e la carità che dona la contemplazione e l'unione con Dio. I tre momenti non sono rigidamente separati ma si compenetrano secondo le esigenze del credente e del vangelo. In ogni tappa servono sempre tutte e tre le virtù tuttavia in ogni prova che il credente supera è la virtù che sta coltivando che viene maggiormente fortificata. Il credente si perfeziona mettendo in pratica il vangelo secondo gli eventi descritti nel vangelo stesso. La vita del credente è scandita dagli eventi descritti dagli evangelisti e questi presentano secondo una forma identica a quella descritta e una materia che può variare. L'evento può essere materialmente diverso -una situazione diversa- ma le dinamiche e i valori in gioco saranno le medesime del vangelo. Spesso si scopre solo a posteriori che ciò che si sta vivendo è un episodio della vita di Gesù, il giudizio sull'esito positivo o negativo della prova manifesta anche il tipo di prova a cui si era sottoposti. Nelle tre parabole di oggi protagonista è il silenzio. La zizzania cresca in silenzio insieme al grano, il seme cresce in silenzio per diventare il più grande degli alberi, il lievito agisce nascosto nella pasta e la fa aumentare a dismisura. Il regno è piccolo ma potente, cresce nell'oscurità senza essere visto.

Mt 15,21-28: Osservate il diritto e praticate la giustizia

08/09/2011 0.43.29
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Dal Vangelo secondo Matteo In quel tempo, partito di là, Gesù si ritirò verso la zona di Tiro e di Sidòne. Ed ecco una donna Cananèa, che veniva da quella regione, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia è molto tormentata da un demonio». Ma egli non le rivolse neppure una parola. Allora i suoi discepoli gli si avvicinarono e lo implorarono: «Esaudiscila, perché ci viene dietro gridando!». Egli rispose: «Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israele». Ma quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui, dicendo: «Signore, aiutami!». Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». «È vero, Signore – disse la donna –, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni». Allora Gesù le replicò: «Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri». E da quell’istante sua figlia fu guarita. Voi chiedete e non siete esauditi perché chiedete male, dice l'apostolo Giacomo. La cananea chiede insistentemente a Gesù di aiutarla, ma questo le rifiuta il suo aiuto. Gesù aveva compiuto centinaia di miracoli eppure si rifiuta di fare questo. I suoi discepoli sono scandalizzati, lo implorano di aiutare la donna, la durezza di cuore del loro maestro lo sconvolge. Ma egli si rifiuta ancora e ne dice il motivo: non sono stato mandato che per gli israeliti. è il motivo più duro poiché è come dire che Gesù non la aiuta perché "non è dei nostri". Questo è il diritto di Dio. La missione di Gesù non è verso i pagani, è verso gli israeliti, quindi Gesù non esaudisci la richiesta della donna. Sarebbe come andare contro la volontà del Padre, e questa è tutto, fuori di essa non c'è niente. Questo è il diritto e Gesù non cede alla pietà, il diritto non ammette eccezioni: non si dia il pane dei figli ai cani. Ma la donna non si arrende e replica: «È vero, Signore – disse la donna –, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni». E Gesù la esaudisce. Non per pietà, ma perché la cananea ha fatto leva sul diritto, ha trovato il diritto di cui godono coloro che non sono israeliti. E la risposta della cananea è talmente giusta che Gesù onora al massimo grado la donna: «Donna, grande è la tua fede!. La fede riguarda le cose di Dio e Gesù, indicando che quello che aveva detto la donna ha a che fare con la fede, indica che quel diritto ottenuto è un diritto che Dio stesso concede e benedice. Perché questo? è scritto: "Il giusto vivrà mediante la fede", e questo non solo indica che ciò che sostiene il giusto è la fede ma anche che la fede è il fine delle azioni del giusto, poiché ciò che muove l'azione è anche il fine dell'azione. La fede quindi è il fine della giustizia e chi pratica la giustizia giunge alla fede. Per questo motivo il Battista predicò un vangelo di giustizia prima della predicazione del Cristo, perché la giustizia preparasse il popolo a ricevere l'oggetto della fede. La giustizia della cananea si esplica in tre modi: primariamente alla risposta di Gesù non se ne va o lo maledice, ma accetta la sua superiorità di maestro. Poi perché accetta il diritto dei figli di israele a ricevere la parola di Dio mentre gli altri ne sono esclusi. Infine perché la giustizia le fa trovare un nuovo diritto, non contenuto nel primo, che afferma che anche i gentili hanno diritto alla grazia e alla predicazione. La cananea attraverso la figura dei cagnolini che mangiano le briciole dei padroni trova una "forma giuridica" per mezzo della quale sua figlia possa essere guarita. Sua figlia ora vive grazie al diritto, reso possibile dalla giustizia della donna. I tre motivi rivelano una teologia trinitaria: il primo motivo è il riconoscimento della superiorità di Dio sull'uomo, come il Padre è superiore a tutti. Il secondo è la predicazione della parola, effettuata dal Figlio secondo la volontà del Padre. Terzo la predicazione universale a ebrei e gentili dopo la manifestazione dello Spirito dopo la crocefissione , sostanza giuridica che permette una nuova giustizia e un nuovo diritto. E il primo motivo riguarda la fede, perché è il riconoscimento della signoria di Dio; il secondo la speranza, perché l'esclusione dei gentili dalla grazia è la difficoltà reale che la speranza vuole superare; il terzo la carità, perché il nuovo diritto è il dono che Dio fa agli uomini.

Beata Vergine Maria Regina

08/09/2011 0.42.51
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Dal Vangelo secondo Matteo In quel tempo, Gesù parlò dicendo: «Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che chiudete il regno dei cieli davanti alla gente; di fatto non entrate voi, e non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono entrare. Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che percorrete il mare e la terra per fare un solo prosèlito e, quando lo è divenuto, lo rendete degno della Geènna due volte più di voi. Guai a voi, guide cieche, che dite: “Se uno giura per il tempio, non conta nulla; se invece uno giura per l’oro del tempio, resta obbligato”. Stolti e ciechi! Che cosa è più grande: l’oro o il tempio che rende sacro l’oro? E dite ancora: “Se uno giura per l’altare, non conta nulla; se invece uno giura per l’offerta che vi sta sopra, resta obbligato”. Ciechi! Che cosa è più grande: l’offerta o l’altare che rende sacra l’offerta? Ebbene, chi giura per l’altare, giura per l’altare e per quanto vi sta sopra; e chi giura per il tempio, giura per il tempio e per Colui che lo abita. E chi giura per il cielo, giura per il trono di Dio e per Colui che vi è assiso» Sono tre le virtù che reggono la religione: la fede , la speranza e la carità. Si ottengono una alla volta in sequenza e corrispondono nel credente allo stato di purificazione, azione e contemplazione. La fede indica l'oggetto del culto del cristiano il quale risponde con uno specifico atteggiamento che ne fa fede vissuta. La fede riguarda essenzialmente la verità - la verità di ciò in cui si crede- e determina una purificazione nell'anima del credente attreverso un'altra virtù, la discrezione . Questa è la conoscenza di Dio attraverso la conoscenza di me e la conoscenza di me stesso attraverso la conoscenza di Dio. Come si vede è una virtù duplice che determina un approfondimento costante di ciò che si è e di ciò che è Dio. Un termine si conosce attraverso l'altro: Dio si rivela come tutto e l'io come niente; il primo si rivela Essere, il secondo nulla. Questa virtù agisce come un meccanismo di purificazione ed è il tramite tra la fede (la verità) e l'eliminazione del peccato dal cuore del credente. Dio è conosciuto come l'Essere - il massimo della verità nella virtù della fede- mentre il credente si capisce privo di ogni merito e totalmente avvolto dal peccato. La fede attraverso la discrezione fa conscio il credente di essere solamente un peccatore e lo libera da qualsiasi presunzione di merito. La discrezione è ottenuta mediante tutte le pratiche adatte al credente nel perriodo della fede, che sono tutte pratiche sapienziali, devozionali o purificative. Nel vangelo la fede di Maria viene provata nell'Annunciazione. Qui Maria compie un atto di fede perfetta, il fiat , che porta a compimento in lei la fede e indica a noi il processo di purificazione di Maria. Non purificazione dal peccato, perché l'Immacolata non ha mai peccato, ma il processo di autocoscienza virtuosa della propria nullità davanti a Dio. L'atto di fede purifica Maria da ogni residuo di dubbio e le ottiene la discrezione perfetta, la coscienza che Dio è tutto e l'uomo niente. Quest'atto di fede è un atto di purificazione perfetto. Ogni credente purificato, se ha compiuto correttamente il percorso della fede, è puro da ogni peccato sia spirituale che fisico. Il credente è vuoto di sè ma non ancora pieno di Dio, perché questo spetta al percorso della speranza. Nell'Annunciazione avviene il sacro Concepimento e questo indica che qui avviene il passaggio dal percorso della fede a quello della speranza. Ora Dio è il lei e col tempo crescerà e si fortificherà. Ogni purificazione vera concerne lo spirito e il corpo, deve passare per tutti i livelli psichici e fisico-psichici del credente. In ciò il credente vince il peccato e si liberà da tutte le schiavitù che gli sono correlate. Chi è purificato è libero, chi è libero è sovrano, chi è sovrano è re. Maria, purificata da ogni imperfezione, è regina di se stessa e può ricevere in se Dio corporalmente come il credente lo riceve spiritualmente. Dio è sovrano e tratta solamente con i suoi pari, Dio è sovrano è a lui interessa solamente il diritto e la giustizia. L'uomo che ha vinto e conquistato la fede è uomo libero e puro che predicherà il diritto e la giustizia. Allo schiavo interessano i diritti, all'uomo libero interessa il diritto. Allo schiavo interessa la giustizia, all'uomo libero interessano le ingiustizie. Chi ha la fede è nella verità, e chi è nella verità ha la misura del diritto e lo spirito della giustizia. Da Dio procede la Sapienza, e chi ha Dio ha anche la sua Sapienza. La Sapienza poi parla dall'intimo del credente e dice ciò che le è proprio, il diritto e la giustizia. è la Sapienza che santifica il credente e ogni credente già re deve cercarla con ogni mezzo, Essa rende vera la vita del credente. Per capire Maria è necessario ascoltare Gesù , e nel vangelo indica i tre peccati che i re possono fare contro di la Sapienza: non esercitare il regno, la guerra di conquista e la perversione del diritto. Il primo sciupa il potere conferito e impedisce la pratica del diritto; il secondo usa il potere con violenza contro i deboli e il terzo ne snatura l'essenza, perché lo separa dalla verità. Il Vangelo ci fa vedere come Maria abbia esercitato le virtù contrarie a questi peccati nella Visitazione. Qui Maria agisce per giustizia, essendo Elisabetta anziana e bisognosa di aiuto, facendola partecipe della gioia che ha nel grembo; non si muove per farle del male ma la aiuta con premura; non muta il diritto per compiacere la cugina ma afferma chiaramente la superiorità del suo parto rispetto a quello di Elisabetta. La Visitazione è l'episodio evangelico in cui si mostra la virtù della speranza in Maria: è la tappa successiva rispetto alla fede. Le tre virtù di Maria sono manifeste ma già trasfigurate nella virtù della speranza, che ha esigenze diverse rispetto alla fede. La fede di Maria è piena e perfetta, ha accettato il mistero dell'incarnazione in totale fiducia di Dio, autonomamente, da sola davanti a Dio, senza il consenso dei nostri mariti , e questo ha reso di lei la Regina del trono di Davide, la Vergine del diritto, che è questo: nulla è impossibile a Dio.

Lc 6,20-26: Alzate i vostri occhi

08/09/2011 0.41.46
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Dal Vangelo secondo Luca In quel tempo, Gesù, alzàti gli occhi verso i suoi discepoli, diceva: «Beati voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio. Beati voi, che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi, che ora piangete, perché riderete. Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell’uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti. Ma guai a voi, ricchi, perché avete già ricevuto la vostra consolazione. Guai a voi, che ora siete sazi, perché avrete fame. Guai a voi, che ora ridete, perché sarete nel dolore e piangerete. Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti». Tutti si chiedono prima o poi se questa non sia la pagina più dura di tutto il vangelo. Forse lo è. Nessuno riesce a sopportare il vangelo delle beatitudini perché è troppo forte, duro, radicale. In un lampo Gesù mostra la felicità (la beatitudine) che sgorga dal dolore. Il bene che vince il male, l'amore che vince il mondo. E dopo questo il male, il mondo, la carne sconfitti dai perdenti, dagli ultimi, senza possibilità di rivincita. Ma nessuno di noi è in grado di appropriarsi di queste parole perché i ricchi e i gaudenti siamo noi, quelli condannati siamo noi. Allora si risponde solitamente con un timore vuoto, perché nasce dalla paura; un timore inutile, perché a chi è già stato condannato la reverenza non serve a nulla. Allo stesso modo questo vangelo serve poco ai nostri poveri. Coloro che non hanno beni per questo motivo hanno più virtù? Gesù ha parole furenti contro gli stolti -gli stupidi per loro colpa- seguendo in questo le antiche scritture. E chi lo sa se la mia povertà non è colpa mia? O se nasce dall'incapacità o dalla limitatezza? E quanto disturbo mentale c'é -lo visto con i miei occhi- tra i poveri? Scendono lacrime amare ad ascoltare questo vangelo, perché sembra un vangelo di morte. Ma non è un vangelo di morte, siamo noi che siamo nella morte. Gesù non indirizza il suo discorso a tutti ma solamente ai discepoli, cioè coloro che hanno creduto alla missione del Figlio di Dio. Questi sono coloro che hanno aderito alla fede e che ora provano le sofferenze della purificazione. Gesù li consola e gli predice la ricompensa futura, cioé la beatitudine. Il discorso delle beatitudini non è per tutti gli uomini, ma solo per quelli che hanno aderito alla fede con convinzione e per questo motivo soffrono le pene della fede. Per tutti gli altri questo sembra un vangelo cupo, perché non sacrificandosi per la fede in cui sono stati battezzati la coscienza intimamente li condanna. E parimenti condanna coloro che entusiaticamente vi aderiscono per spirito di cultura, di ecumenismo o di voglia spirituale poiché è una profezia che non li riguarda, non essendo discepoli del Cristo. Le beatitudini sono un vangelo della speranza. Ciò vuol dire che si fa proprio quando la purificazione della fede è già avvenuta. Coloro che hanno raggiunto la purezza interiore sono vuoti di sé e attendono di essere riempiti dallo Spirito Santo. Questi poi dona la forza di sopportare le avversità che sono la causa della pazienza e delle altre virtù, dalle quali nasce la speranza . Gesù, avendo sopportato la purificazione fino alla vittoria sul demonio nel deserto, è già nel suo periodo di apostolato nel quale proclama ciò che ha ascoltato nelle tenebre della fede. Qui lui parla a coloro che sono ancora nella purificazione parlandogli però di quello che accadrà a loro dopo quello che stanno vivendo ora. E parla di conseguenza non solo di quello che ha vissuto durante la sua vita nascosta ma anche di quello che sta vivendo adesso, perché la beatitudine a cui fa riferimento è quella che si conquista nella speranza, in cui lui è adesso. Gesù è stato povero, ha avuto fame, è stato perseguitato e ora è sazio, di vittorie; ride, perché si sa nel giusto; possiede il regno di Dio, perché non si combatte per ciò a cui non si ha diritto. Lui è arrivato e apre la strada agli altri. Lo dimostra con le parole, con i gesti, con i miracoli: ogni cosa che fa durante il suo apostolato è gioia e vita: non c'è penitenza ne mortificazione, mangia e beve con i peccatori, respinge senza timore i farisei, predica apertamente con autorità. Chi giunge alla fine del percorso di fede guadagna il diritto e qui è il diritto che giudica tutti dividendo i buoni dai malvagi. è un diritto quindi che si innesta in un discorso profetico e che giunge di conseguenza a distinguere i profeti veri da quelli falsi e ad assimilare i primi ai veri discepoli, avendo entrambi sofferto per la stessa causa, il Cristo. L'apostolo o parla con i suoi simili o parla con i suoi discepoli. Nel primo caso parla della speranza, nel secondo della fede. Qui Gesù parla con i suoi discepoli e dunque parla della fede, sostenendo quella dei discepoli nei loro sforzi di purificazione. Non dobbiamo avere paura di essere ricchi o di essere poveri, dobbiamo avere paura di non essere discepoli. Essere discepoli è l'unica cosa che ci porterà alla beatitudine.

1 Luglio - Sacro Cuore di Gesù

08/09/2011 0.13.50
Commento_al_Vangelo
Inauguro questo blog oggi, festa del Sacro Cuore di Gesù. Lo metto proprio dentro al Cuore di Cristo affinché si impregni il più possibile della sua grazia e questo mi metta un po' di senno in quello che scrivo. Oggi non scrivo niente, anzi solo una cosa: mi è venuto in mente come il cuore sia un muscolo che non si ferma mai dal momento che è formato da un particolare tipo di muscolo, il muscolo striato. Questo tessuto muscolare non produce acido lattico e quindi non è soggetto a stanchezza, ciò gli permette di battere in continuazione senza fermarsi. Oggi la Chiesa adora qualcosa che non si ferma mai, qualcosa che non è soggetta a stanchezza. Il cuore di Cristo non si ferma, non si stanca e nemmeno rallenta: il cuore di Cristo è la sua potenza. Una potenza che è amore, perché il cuore è anche la sede dell'amore. Tutto il potere di Dio per te, perché per un Dio che ha dato la vita per noi noi ciascuno di noi è l'amore della sua vita. Ciascuno di noi è l'amore della sua vita.
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